00 19 min 6 anni


Documento politico
per la candidatura a segretario di
Alfonso Formato.
Il Partito Democratico a 10 anni dalla fondazione
Quali opportunità per la sinistra europea
Nuove politiche per la “questione meridionale”
Riaccendiamo la luce
Democrazia e selezione della classe dirigente: il Partito Democratico di tutti
Verso il voto: non (solo) la meta, ma il viaggio.
“Riaccendiamo la luce” 1
Il Partito Democratico a 10 anni dalla fondazione
“La nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica, ma
anche culturale e morale, nella vicenda italiana. È in campo una forza che si propone di dare al
Paese, finalmente, una nuova guida. Si riapre una speranza, si può tornare a pensare il futuro.
Questa grande forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e
politiche riformatrici del Paese, si pone il compito di mobilitare le energie e i valori del nostro
popolo per rimettere questo Paese in cammino. Bisogna fare un’Italia nuova. Questa è la ragione ed
è la missione del Partito Democratico: ricollocare l’Italia negli inediti scenari aperti dalla
globalizzazione del mondo, riunire gli italiani sulla base di un rinnovato patto di cittadinanza, dare
loro la coscienza e l’orgoglio di essere una grande nazione”.
Con questo pensiero si aprono le riflessioni contenute nel “Manifesto dei valori del Partito
Democratico”. Concetti che, dopo quasi 10 anni di continui mutamenti sociali e politici, continuano
ad essere attuali e ad indicare la stella polare del cammino della nostra comunità.
Alla luce anche dei nuovi equilibri politici sovranazionali, spostati da un vento di odio e paura che
gonfia le vele di una destra estremista e reazionaria, il sistema democratico si trova ad affrontare
numerose nuove sfide, per le quali sarà necessario immaginare nuove vesti e nuove trame per tenere
insieme i principi della sinistra e strutturare proposte di autentica rappresentanza.
L’emergere di questi nuovi assetti ci invita a riflettere nuovamente sulle scelte democratiche e sulle
loro conseguenze. Lo sviluppo della democrazia, con la sua filosofia e le sue procedure, fa sì che
essa, nell’esperienza politica contemporanea, sia considerata il sistema politico più vicino alle
aspettative della popolazione, finalizzato alla costruzione di società stabili e redditizie. Rispetto al
colonialismo o alla dittatura infatti, la democrazia è il modello che ha prevalso di più e che ancora
continua a primeggiare nella maggior parte delle società.
L’idea di una democrazia il cui fine si esaurisce nell’acquisire la legittimità politica e storica delle
scelte di governo non è però più sostenibile. L’obiettivo non può non essere quello di creare nuove
garanzie e strumenti in grado di proteggere la società da ogni forma di autoritarismo, politico, sociale od economico che sia. Più nello specifico, la sinistra democratica necessita di intraprendere
percorsi nuovi, in grado di rafforzare i valori di un’interazione politica basata sulla creazione di
dialogo e di partecipazione.
In questo processo, un ruolo chiave sono chiamate a svolgerlo le varie articolazioni territoriali del
Partito Democratico. Solo con un organizzazione presente, ben organizzata ed in grado di
rappresentare proposte concrete riusciremo ad adempiere al compito che ci siamo dati di
“mobilitare le energie e i valori del nostro popolo per rimettere questo Paese in cammino”.
1. Quali opportunità per la Sinistra Europea
Il dato emerso dalle recenti elezioni politiche tedesche ha aperto una finestra di opportunità per
riformare e rilanciare il progetto Europeo. Il PSE, così come tutte le forze democratiche e
progressiste, hanno il dovere di rivendicare il proprio ruolo chiave verso un progetto di dialogo ed
integrazione comunitaria, capace di fronteggiare le sfide imposte.
Un’Europa davvero integrata si potrà considerare tale solo attraverso un programma di investimenti
strategici, che garantisca ricerca, innovazione e sicurezza sociale, con un bilancio comune
dell’Eurozona, slegato dal Piano Junker. Un’armonizzazione dei sistemi di tassazione con una
rivisitazione dei vincoli di bilancio del Fiscal Compact, che eviti la concorrenza fiscale all’interno
dell’area Euro, consentirebbe di evitare particolarismi nei confronti delle multinazionali del digitale
e di quelle che sfruttano in maniera indiscriminata il consumo delle risorse naturali.
In materia di politica estera e di difesa l’Italia può e deve giocare un ruolo di iniziativa e di spinta,
affrontando in maniera concreta il tema dell’immigrazione. Solo a livello europeo possono essere
affrontate le grandi sfide geopolitiche contemporanee, a partire dalla stabilizzazione del Medio
Oriente e del Nord Africa, indispensabile per ridurre i flussi migratori. Una politica comune in
materia di migrazione ed asilo, regolato in maniera univoca da un Ufficio Europeo per l’asilo, l’
avvio di una Cooperazione Strutturata Permanente della Difesa e la creazione di una Procura
Europea contro il Terrorismo fornirebbero una risposta concreta in materia di sicurezza.
Inoltre, il ricorrente invito a perseguire una più incisiva Unione politica, che sappia far fronte alle
emergenze e crisi economico-finanziarie odierne, che punti su un rafforzamento delle istituzioni
europee sul piano sia decisionale che rappresentativo, non può sicuramente tralasciare la necessità
di valorizzare la soggettività politica delle autonomie locali e il loro apporto alla costruzione della
democrazia europea.
Un significativo contributo in questa direzione può nascere dalla convergenza con quanto statuito
dalla Carta Europea delle autonomie locali e dall’attuazione del principio di prossimità: le
innumerevoli forme di democrazia diretta passano per gli enti locali, è infatti a livello locale che si registrano le più diffuse e significative esperienze di democrazia partecipativa e deliberativa. È a
livello territoriale che lo strumento della “democrazia di prossimità”, unendo partecipazione e
comunità territoriali, può trovare una effettiva, efficace e quanto più diffusa realizzazione. Grazie
alla loro vicinanza ai cittadini, le autonomie locali si pongono in una posizione privilegiata per
promuovere un’adeguata comprensione della cittadinanza europea, evidenziando i vantaggi concreti
che questa conferisce ai singoli individui e mostrando l’impatto tangibile delle politiche comunitarie
sulla vita dei cittadini.
In questo modo viene fuori il fondamento del volto più autentico dello Stato democratico, che, in
armonia con quanto affermato nel preambolo della Carta Europea delle autonomie locali, implica un
potere diffuso, articolato anche nelle collettività di cui si compone lo Stato, il quale può essere in tal
senso una “comunità di comunità”.
2. Nuove politiche per la “questione meridionale”
Se da una parte focalizziamo la nostra attenzione sull’evidente percorso di comunitarizzazione delle
politiche pubbliche, non possiamo non affrontare l’eterna questione meridionale che di fatto divide
il nostro paese in due macro-aree sempre più distanti, non solo in termini di capacità economica e
produttiva. Per molti il vero ostacolo alla crescita del Sud è il perverso rapporto tra élite politiche
locali e élite politiche nazionali. Voti in cambio di risorse insomma, e queste risorse a loro volta
sono utilizzate per soddisfare l’incoerenza di un sistema fatto di piccoli interessi locali. La ragion
per cui a questo meccanismo non ha mai corrisposto lo sviluppo del Mezzogiorno è legata alla
natura della spesa. Spesa che produce effetti in tempi brevi e quasi mai spesa in infrastrutture ,
essenziali per lo sviluppo ma i cui effetti sono più lontani nel tempo.
La questione meridionale rimane comunque uno dei temi più disattesi soprattutto dal punto di vista
della ricerca di soluzioni efficaci. Per gran parte degli anni novanta è stata addirittura relegata ad
antagonista di un nuovo modo di concepire l’intero assetto istituzionale e amministrativo statale, in
nome di un federalismo che garantisse maggiore autonomia di governo e di gestione della spesa. A
testimonianza di questa egemonia, le politiche che si sono succedute hanno assecondato
progressivamente questa lettura, fino alla riforma del 2001. I risultati di questa riforma dimostrano punto per punto gli errori di lettura che hanno coinvolto anche l’analisi del centrosinistra. Il
decentramento in molti casi non ha portato, come ci si auspicava, razionalizzazione della spesa e
maggiore responsabilizzazione delle classi dirigenti locali, ma soltanto un’eccessiva
frammentazione dei livelli d’intervento con conseguente aumento del divario nord-sud.
Un partito che sente forte la necessità di rappresentare, nello svolgimento delle dinamiche sociali,
un orizzonte di progresso e sviluppo delle condizioni non può non affrontare il problema del
Mezzogiorno con l’ambizione di un radicale cambiamento di prospettiva. Nelle priorità del
programma politico del centrosinistra che verrà ci auguriamo una nuova visione, improntata non
solo sul controllo del trasferimento delle risorse finanziarie, ma soprattutto sulla capacità di
attrazione e gestione dei grandi investimenti, su una maggiore coerenza delle finalità di spesa e sulla
valorizzazione dell’unicità del nostro patrimonio ambientale, artistico e culturale.
Quella che viviamo non è la coda o un effetto di un problema semplicemente protratto e rimasto
irrisolto, ma un vero e proprio stato di emergenza aggravato dalla crisi finanziaria del 2008 e per
questo meritevole di un’attenzione straordinaria, se percepiamo come fine ultimo quello di
ristabilire i termini di una percepibile eguaglianza delle opportunità. Non si può pretendere di
giocare un ruolo significativo nella costruzione di un futuro spirito europeista, che è anche
aspirazione a una società perfettamente integrata, senza risolvere le ambiguità e le contraddizioni
che relegano il nostro paese in una condizione di eterna precarietà e isolamento.
3. Riaccendiamo la luce
Il nostro circolo arriva all’appuntamento congressuale all’esito di un percorso complesso, dal quale
tutti abbiamo l’obbligo di trarre i dovuti insegnamenti. Il commissariamento è stata una sconfitta
per tutti. Una sconfitta, però, meritata. La ricerca ossessiva, nelle passate stagioni, di una sintesi che
fosse il frutto di equilibri precari, e non di un confronto tra proposte e visioni, ha ingenerato una
naturale e diffusa incapacità di saper gestire i pur naturali periodi in cui si fa più serrata la dialettica
interna. L’assenza di un confronto vero, appassionato e sentito, ha fatto in modo che si spegnesse la luce nei
luoghi in cui la politica è chiamata a svolgere le sue nobili funzioni. Con questo congresso, al netto
di quello che ne sarà l’esito, facciamo dunque tutti un primo ed importante passo in avanti: quello di
ridare dignità e contenuti al confronto e riaccendere le luci nel luogo della buona politica, quella che
discute del “cosa” e del “come”, prima che del “chi”. E’ questa la strada da percorrere se
intendiamo costruire percorsi comuni ed evitare le divisioni e le contraddizioni delle ultime
stagioni.
Abbiamo davanti a noi, dunque, una sfida complessa: quella di creare i presupposti affinché una
nuova classe dirigente, in grado di saper gestire e rappresentare il nostro Partito, riesca ad
intercettare correttamente le istanze che provengono dal territorio, ponendole al centro dell’agenda
politica. Se facciamo questo, saremo in grado di conservare l’ottimo risultato elettorale conseguito
alle ultime amministrative, rilanciando il nostro impegno nello strutturare un programma chiaro, che
sia in grado di proporre una visione di città compatibile con quelle che sono le reali esigenze della
cittadinanza. Solo in questo modo potremmo proporci come forza di governo credibile.
4. Democrazia e selezione della classe dirigente: il Partito Democratico di tutti
Ci domandiamo con sempre più insistenza se sia il caso di ridiscutere o riorganizzare i termini della
partecipazione e della militanza politica. Dinanzi alle nuove sfide della tecnologia e alle nuove
velocità, che indubbiamente condizionano l’agire politico, è ancora sensato pensare di occupare
costantemente gli spazi fisici della discussione? È ancora sensato prestare attenzione al valore del
dibattito e alla democrazia effettuale che sostiene le ragioni di una decisione? Ha ancora un senso
ricostruire un luogo che sia pensato come presidio di confronto, discussione e crescita collettiva?
Tutte queste domande si ricollegano inevitabilmente ad un momento decisivo della vita di un
partito, che è quello del tesseramento.
L’adesione ad un partito, oltre a rappresentare un diritto inalienabile e un formidabile strumento di
identificazione, è necessario che ritorni ad essere testimonianza di partecipazione attiva. Tema
importante è come conciliare l’esigenza del libero accesso ad un diritto e l’inevitabile soggezione ad
un dovere, che sia percepito come adeguato alle proprie capacità e alla propria volontà di condivisione. Garantire la democrazia dei processi di decisione significa anche tutelare l’uguale
possibilità di prendere parte agli stessi processi di decisione, dando un taglio alle tendenze che
hanno fatto del tesseramento il teatro di battaglia dei dissensi interni svilendone il senso e il
significato profondo.
Riportare alla normalità i livelli di una sana e autentica partecipazione significa rendere di nuovo
accessibile e utile un partito quale luogo di intermediazione e rappresentanza reale. Tutto questo per
far sì che la qualità dell’esito della discussione diventi la giusta compensazione rispetto ad una
sempre più vorace esigenza di velocità e leggerezza. Oggi come oggi, in presenza di una crescente
disaffezione rispetto ai vari fenomeni associativi e ad un ripiegamento evidente dell’uomo in una
condizione di individualismo eccessivo, risulta chiara la necessità di uno sforzo nella direzione della
costruzione di nuovi legami e nuovi sentimenti di identificazione collettiva.
Un Partito di certo non costituisce una novità nel panorama delle realtà aggregative, ma siamo
convinti che al declino delle vecchie forme del partito di massa deve corrispondere necessariamente
una rivalutazione dei fenomeni di costruzione mediata della proposta politica, se non si vuole il
deperimento delle caratteristiche essenzialmente democratiche del nostro sistema.
Un Partito realmente rappresentativo è inoltre un’organizzazione capace di dotarsi dei filtri giusti
per recepire le esigenze dei cittadini e convertirle in una concreta proposta politica. Una soluzione,
in questo senso, è quella di innescare il meccanismo giusto per valorizzare al meglio le competenze
e le sensibilità della nostra comunità. In questa direzione, tanto potrebbe esser fatto anche con una
nuova visione del metodo di selezione della classe dirigente.
Per troppo tempo abbiamo assistito ad un partito gestito da organismi frutto di equilibri che hanno
ingenerato un sistema di vuote scatole cinesi che ha spesso mortificato il merito di tanti militanti.
Organizzare il Partito in base ai valori che ogni singolo iscritto può mettere a disposizione vuol dire
anche liberarsi dalle catene di una dialettica interna spesso ridottasi a mera bega. Senza che il tutto
venga, ovviamente, in alcun modo condizionato da logiche “di maggioranza”, ed anzi
responsabilizzando in tal senso il valore dell’enorme contributo che eventuali “minoranze”
porterebbero certamente alla causa. Il Partito Democratico, per essere forte, ha bisogno di tutti.
5. Verso il voto: non (solo) la meta, ma il viaggio
La grave crisi politica che sta attraversando la nostra Città merita, da parte del Partito Democratico,
delle risposte che non sempre siamo riusciti a dare. Maddaloni vive uno dei periodi più complessi
della sua storia, frutto di un decadimento culturale e sociale cui la politica non ha saputo porre alcun
argine. Eppure delle soluzioni siamo chiamati necessariamente ad offrirle.
Un Partito che intende essere forza di governo autentica, ha l’obbligo di costruire una visione
quanto più chiara possibile di quella che dovrebbe essere una città, ed un’amministrazione, in grado
di tutelare gli interessi che si sceglie di rappresentare. Diversamente, si finirebbe col tornare a
commettere l’errore di individuare nell’appuntamento elettorale un evento slegato dal complesso
processo che porta alla strutturazione di una proposta politica riconoscibile.
Per farlo, è necessario rimodulare i termini della proposta stessa. Se saremo in grado di ristabilire
una dialettica interna sana e costruttiva, avremo la grande opportunità di poter mettere a frutto un
patrimonio di competenze, sensibilità e valori che nessun’altra organizzazione politica presente sul
territorio può vantare. Riusciremmo, in tal caso, ad avere ben chiara la strada da percorrere in vista
di ogni appuntamento elettorale, condividendo il nostro percorso con tutte quelle forze politiche con
le quali sarà possibile riscontrare affinità ideologiche e programmatiche. Evitare questo percorso
vorrebbe dire peccare di una presunzione che non possiamo permetterci: quella di presentarci alla
nostra gente senza saper bene cosa proporle.
Occorrerà, dunque, tornare a discutere di quali siano, tra gli interessi che si scontrano nella nostra
Maddaloni, quelli di cui deve farsi portatrice la proposta del Partito Democratico, ed in che misura.
Quelli dello sviluppo economico e sociale della città, del risanamento della crisi ambientale, della
programmazione urbanistica, del rilancio culturale, della riorganizzazione delle politiche sociali,
della lotto alla criminalità, sono solo alcuni dei temi sui quali il Partito Democratico deve
confrontarsi in maniera esaustiva e decisa, al fine di caratterizzare la propria proposta, renderla
riconoscibile alla Città ed evitare ogni sorta di equivoco È opportuno, in questo processo, pensare a piattaforme di confronto nuove rispetto a quelle
utilizzate fino ad ora, frutto di una necessaria evoluzione del concetto di partecipazione politica:
partire dal partito per andare oltre al partito. Bisogna investire con maggior convinzione nel valore
dell’apertura e del confronto, già nella fase della costruzione della proposta politica. Occorre che il
Partito Democratico si apra nei riguardi di forze civiche e sociali oggi inspiegabilmente distanti. È
una sfida nuova e complessa, dalla quale però non possiamo sottrarci.
Buon congresso a tutte e tutti
Alfonso Formato
 

bocchetti