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Foto: © SSC Napoli
Diventano sempre più concrete le possibilità di una separazione tra il capitano azzurro e il Napoli. Due le ipotesi: cessione immediata o addio a fine anno. Ma c’è anche una terza strada

Quanto pesa Napoli-Verona. Nessun arrière-pensée complottistico, ma solo una mera considerazione economica. L’accesso alla Champions League e quindi ai 50-60 milioni di euro in ballo, probabilmente avrebbero reso quasi automatico il rinnovo di Lorenzo Insigne e diverso il mercato azzurro. E forse avrebbero fatto più contento anche Luciano Spalletti, soddisfatto dell’attuale rosa per lanciare l’assalto ai primi 4 posti, ma consapevole che mancano all’appello almeno due acquisti – se non tre. Al tecnico di Certaldo inoltre, “spaventa” l’idea di perdere uno o più punti di forza della sua squadra. Al contrario la ferrea volontà di Aurelio De Laurentiis di riportare i conti in ordine non lascia tanto spazio a margini di manovra: prima si cede, poi si acquista; nessuno è invendibile; le richieste degli entourage dei giocatori cadono nel vuoto. Si fa dunque di necessità virtù.

Del resto le conseguenze economiche negative e i risultati sportivi non in linea con gli obiettivi di inizio anno si fanno sentire anche in una società dai bilanci sani e senza debiti come quelli partenopei

Il problema è, e resta, la distanza tra domanda e offerta. Insigne ha tutto il diritto di non voler guadagnare meno dell’attuale stipendio e di chiedere un aumento. Ed anche di guardarsi in giro se ci sono società disposte ad accontentarlo. Sono le sue qualità a giustificarne le pretese: non molti sono gli attaccanti esterni nel panorama europeo capaci di realizzare 109 gol e 85 assist con la sola maglia del Napoli. Allo stesso modo, De Laurentiis, proprietario del club, ha il diritto di rifiutare le richieste e passare alle controfferte.

SERVE L’ACCORDO

Il motivo per cui, tra la cessione questa estate e l’addio nella prossima va promossa la terza ipotesi – quella di un’intesa tra le parti – non va ricercato nel sentimentalismo o nel campanilismo. O anche nel concetto di bandiera ormai scomparso. Anche se, 9 anni passati ad indossare la maglia azzurra 397 volte, consentono di qualificarlo come un esempio raro nel mondo del calcio. E proprio perché vanno tenuti da parte i sentimentalismi, occorre sottolineare che di addii il Napoli ne ha subiti (Lavezzi, Cavani, Higuain, giusto per citare i più recenti) sopravvivendo ugualmente. È una questione tecnico-tattica.

Perdere Insigne, ormai da considerare un campione a tutti gli effetti, significa abbassare la qualità e la forza della rosa di Spalletti. Che, al contrario, dovesse restare così senza cessioni, può lottare tranquillamente per i primi 4 posti. Rimpiazzare un giocatore con i numeri di Insigne è già complicato senza dover considerare la spending review di De Laurentiis. Dai suoi piedi passano la maggior parte delle azioni d’attacco del Napoli; è il regista offensivo della squadra; a lui ci si affida quando occorre recuperare o sbloccare il risultato; il suo “tiraggir” ha ormai fatto scuola. In fondo, è pur sempre il numero 10 della Nazionale Campione d’Europa. Vale la pena dire addio ad uno dei migliori elementi dalla rosa in un momento particolarmente critico dal punti di vista del calciomercato?

Ma i matrimoni si fanno in due e come tutti i rapporti necessitano di compromessi: sia ADL che Insigne devono cedere reciprocamente qualcosa per evitare l’inevitabile. Il che porterebbe un ulteriore calo di simpatia del tifo azzurro nei confronti di De Laurentiis che, comunque andranno le cose, resterà presidente di una squadra che non si smetterà di tifare.

Luigi Ottobre