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di Elio Bove

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici. Il presidente Meloni ha dichiarato che è stato approvato “un provvedimento organico, equilibrato e di visione, frutto di un lavoro qualificato e approfondito, che permetterà di semplificare le procedure e garantire tempi più veloci. E che rappresenterà anche un volano per il rilancio della crescita economica e l’ammodernamento infrastrutturale della Nazione”. La riforma consente di rispettare l’impegno che il governo aveva preso con l’Europa ed entrerà in vigore il prossimo aprile. Ma le polemiche non mancano. I sindacati temono l’impatto del subappalto a cascata, che liberalizza di fatto alcuni meccanismi: “Una nefandezza”, commenta la Fillea Cgil che teme “infortuni, sfruttamento e infiltrazioni”. Da sottolineare, inoltre, che si alza la soglia per gli affidamenti sotto la quale gli enti locali possono procedere in maniera diretta. La riforma, poi, si intreccia anche con quella relativa ai servizi pubblici: per gli affidamenti in house superiori alle soglie europee, ad esempio, serve una ‘motivazione adeguata’. Arriva poi un help desk che viene istituito nella cabina di regia a palazzo Chigi. L’impianto della riforma si basa su quattro pilastri: semplificazione e accelerazione delle procedure, digitalizzazione di tutti i passaggi burocratici, tutela dei lavoratori e delle imprese. E definisce per la prima volta un criterio che guiderà  la risoluzione dei problemi, in particolare “scioglierà la complessità ” che nasce da un dedalo di norme sovrapposte, dal diritto nazionale ai vari regolamenti europei. Vengono infine snellite le procedure di verifica e validazione dei piani. In questo contesto arriva l’appalto integrato, che prima era espressamente vietato e che in un’unica gara – e un unico vincitore – il progetto e l’esecuzione di un’opera.

Redazione