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Il nuovo libro del giornalista Raffaele Sardo, “La sedia vuota” (iod edizioni) esce con il sostegno della Fondazione Polis, e narra tredici storie di vittime innocenti della criminalità, attraverso le testimonianze dei familiari delle vittime. 

“La memoria – scrive nella prefazione Franco Roberti – rappresenta la base fondamentale per fare emergere le ragioni di coloro che hanno pagato con la vita l’efferatezza della camorra e delle altre forme di criminalità, a partire dal versante della tutela giuridica, che deve mirare a una reale equiparazione tra tutte le vittime dei reati intenzionali violenti”.

“Ricostruire le storie delle vittime innocenti – scrive Raffaele Sardo nell’introduzione – è come cercare di completare un quadro mai finito. È un pezzo della nostra cronaca recente che in tanti hanno vissuto, ma nei libri di storia difficilmente la si troverà descritta con l’approfondimento dovuto. Spesso proprio in quei libri la presenza della camorra è ignorata, quando invece essa, radicata in modo asfissiante nei nostri territori, ha pervaso la vita delle persone, condizionandola nelle scelte anche più piccole.”

Tra le tredici storie raccontate nel libro, c’è quella del vice sindaco di Mondragone, Antonio Nugnes, scomparso l’11 luglio del 1990. I resti del suo corpo furono fatti ritrovare la mattina del 3 settembre 2003 in fondo al pozzo di una vecchia masseria nella zona dei Mazzoni.

“Per quattro anni e mezzo – racconta la figlia Daniela Nugnes – ogni volta che ci sedevamo a tavola, era un tormento. Nessuno si sedeva al posto che abitualmente occupava papà. La sedia rimaneva vuota e quella sedia ci interrogava, poneva domande, parlava col suo silenzio. Quella sedia dove non si sedeva nessuno, diceva più di ogni altra cosa in quella cucina che ormai era diventata fredda”.

Tra le tredici storie raccontate nel libro, c’è anche quella di Fabio De Pandi, il ragazzino di undici anni ucciso da un colpo di pistola sparato nel corso di un agguato camorristico a Soccavo. Gaetano De Pandi è il papà di Fabio. 

«Fabio aveva terminato quell’anno la quinta elementare e doveva fare la prima media a Monte di Dio» racconta Gaetano. «Aveva tutti buoni voti. Giocava anche a basket con una società napoletana, la Partenope», e indica le targhe sistemate al muro.

«A tavola c’erano posti fissi dove ci sedevamo» dice Gaetano con la tristezza negli occhi. «Quel posto vuoto nessuno riusciva a guardarlo. Ci veniva solo voglia di piangere. È stato durissimo non vedere più Fabio seduto a tavola con noi. Non mi ci sono mai abituato. E poi c’era il suo lettino che si vedeva dal corridoio. Sempre vuoto». Si mette una mano in fronte Gaetano come se volesse fermare qualcosa nella sua testa. «Quel letto ce lo guardavamo in continuazione e la sera, soprattutto, quando ti affacciavi nella stanza e vedevi il letto senza Fabio» scuote la testa Gaetano.

«Negli anni» spiega ancora Gaetano guardando una foto di Fabio «ho trovato la forza e il coraggio di andare nelle scuole per parlare coi ragazzi. Sì, parlo di Fabio, dei ragazzi come lui a cui la camorra, la mafia, ha rubato il futuro. È bello parlare con loro. […] ».

“Diverse di queste storie – aggiunge ancora l’autore – sono anche pagine di resistenza civile. Raccontano di persone che hanno fatto fino in fondo il proprio dovere di poliziotti o carabinieri, di imprenditori che non si sono piegati alle minacce dei camorristi, rifiutando di pagare il pizzo, di sottomettersi alle loro regole.

bocchetti