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C’è la mano dell’uomo negli incendi che per tre giorni hanno afflitto la Collina di Cancello Scalo. Una piccola bombola da campeggio e diverse bottiglie di birra sono state ritrovate lì dove si sono diramate le fiamme, all’altezza del manufatto che era dell’Arin. L’area doveva essere delimitata di alti rovi ed è per questo che sarà sfuggita al controllo degli uomini della sorveglianza.
Non è dato sapere ovviamente da quanto tempo bombole e bottiglie giacciano in quella zona; molto probabilmente una scampagnata di tempo fa. Ma tanto sarà bastato per ingenerare l’incendio.
Avevano visto bene i cittadini che nel pomeriggio di giovedì avevano sporto denuncia querela contro ignoti per l’incendio senza lasciare davvero nulla di non detto. Perché c’è responsabilità di chi doveva sorvegliare, c’è responsabilità di chi doveva fare manutenzione, c’è responsabilità di chi, seppur deputato all’emergenza, si è presentato sicuramente con mezzi inadeguati.
Come ci sono mancanze amministrative secolari: che senso ha fare una ordinanza dove si va a vietare il pascolo senza l’istituzione del Registro Catasto degli Incendi? Censire l’area significa inibirla certamente al pascolo ed evitare che l’incendio possa fare fila proprio a qualche pastore.
Poi c’è il paradosso dei paradossi. La Collina è l’acquedotto che approvvigiona Napoli. C’è tanta di quell’acqua che spesso per motivi di pressione viene comunque espulsa. Basterebbe davvero poco per mette a punto un sistema di protezione dagli incendi. E per poco significa anche economicamente poco.
E poi ci sono gli studi geologici fatti: lo strato di cenere e gli elementi arsi lasciano un tappeto impermeabile sulla zona incendiata; lì l’acqua piovana non sarà più drenata è assorbita dal terreno e in più non ci saranno più alberi ad arginare eventuali caduta di materiali. Ecco così è partita la frana del ’98 con una persona morta e tanti danni; proprio da una delle zone più colpite dagli incendi dell’estate precedente fango e detriti arrivarono con furia a valle.

Redazione On Line