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di Luigi Ottobre

Questa volta non bisogna nemmeno essere profondi conoscitori di calcio per capire cos’è il Napoli di Gennaro Gattuso all’indomani della sconfitta per mano del Lecce. Nessun riferimento all’aspetto tattico ovviamente, per il quale non si ha la presunzione di sapere di più di chi questo mestiere lo fa da anni tra terreno di gioco e panchina. Solo una considerazione sulla situazione generale. E se a tal proposito si dovrebbero avere ancora dubbi, basta ascoltare le parole del tecnico azzurro che da quando ha messo piede a Castel Volturno ripete come un disco rotto i limiti della sua squadra sui quali cerca di porre rimedio.

Il Napoli è una squadra fragile. Una fragilità figlia dell’incapacità nell’essere continui non solo tra un match e l’altro, ma anche all’interno dei 90 minuti. Il che porta l’ancora poco solido lavoro con il quale Gattuso sta cercando di ricostruire il gruppo partenopeo a far saltare rapidamente le poche certezze che pian piano le tre vittorie consecutive stavano restituendo agli azzurri.

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“Se siamo uniti siamo una squadra forte”; “dobbiamo essere squadra”; “voglio vedere il veleno”: sono le frasi più utilizzate dal tecnico azzurro

Il problema è proprio questo, il non riuscire a essere sempre squadra e di conseguenza uniti in campo. Quando è in grado di esserlo, il Napoli è tornato a offrire un minimo di gioco, a mostrare organizzazione, compattezza, intensità e aggressività come fatto contro la Juventus e nella prima mezz’ora con Sampdoria e Lecce. Ma anche capacità di sofferenza, come contro la Lazio in Coppia Italia. Sarà che la caratura di biancocelesti e dei bianconeri ha costretto il Napoli a mantenere sempre alta la tensione, ma contro doriani e salentini, quando il dominio del campo era pressoché totale, gli azzurri si sono improvvisamente smarriti.

Colpa di quella continuità (mentale) la cui mancanza Gattuso non evita mai di sottolineare e che conduce a errori – e a subire gol – che portano i partenopei ad agire non più da squadra ma in maniera più individuale, risultando sfilacciati e disorganizzati nelle due fasi, costringendoli a soffrire (la capacità di soffrire è un altro punto su cui da sempre batte Gattuso) anche con squadre sulla carte inferiori. E quando la sofferenza non è condivisa il rischio di soccombere è alto.

La vittoria sulla Samp nei minuti finali aveva messo in secondo piano i problemi che ancora attanagliano gli azzurri. La sconfitta col Lecce li ha sbattuti nuovamente in primo piano

Allo stesso modo le tre vittorie consecutive tra Coppa Italia e campionato – pur con tutte le difficoltà riscontrare nei diversi match – avevano riacceso un minimo di speranze che ora rischiano di essere nuovamente disilluse. In effetti è troppo tempo che si attendeva quella svolta che potesse portare ad una miracolosa cavalcata al quarto posto e sembrava potesse aver inizio dopo i successi su Lazio, Juve e Samp.

Sono mesi che si fanno tabelle con calendario alla mano nella speranza che le squadre sulla carta inferiori ma che precedono il Napoli in classifica possano essere prese e superate grazie a un filotto di risultati utili che porti gli azzurri almeno al 6 posto. Sesta posizione che significa ultima porta per accedere all’Europa, seppur di minore appeal e importanza rispetto alla Champions.

Europa che continua tuttavia a essere a portata di mano. Il sesto posto dista 4 punti pur avendo il Napoli davanti a sé ben 4 squadre. Bisognerà tornare a pensare partita dopo partita (parole sempre di Gattuso), a non guardare la classifica e smetterla di fare tabelle e previsioni. Se il Napoli vuole ha tutte le carte in regola per riprendere in mano il proprio destino: tutto dipenderà dal saper essere squadra. Si aspetterà la fine della stagione per trarre le conclusioni.

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Luigi Ottobre