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Cassa integrazione per i dipendenti e stipendio di aprile sospeso per i calciatori: ma De Laurentiis può contare su un bel salvadanaio

Regola numero uno di Aurelio De Laurentiis: il bilancio societario deve essere in ordine, senza che debba mai diventare un problema tale da essere poco competitivi sul mercato o ad essere costretti a vendere i propri gioielli. E infatti la storia del Napoli targato ADL dimostra come in questi quasi 16 anni di presidenza chi ha voluto trattare un giocatore azzurro con il patron partenopeo ha dovuto far i conti con una rarissima propensione agli sconti, non avendo appunto urgenti necessità di bilancio. Una regola quella di De Laurentiis che spesso ha visto contestazioni di una parte della numerosa tifoseria azzurra: pur di non ammettere deroghe, spesso è stato condotto un mercato che ha dato la sensazione di non poter garantire al Napoli una competitività completa per ambire allo scudetto. Eppure va riconosciuta a De Laurentiis la capacità di aver portato gli azzurri ad occupare i vertici del calcio italiano – a parte quest’ultima annata – sfiorando il tricolore e l’aver scovato giocatori poi divenuti campioni e rivenduti a peso d’oro.

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Come è noto, l’emergenza sanitaria che ha investito l’Italia ha avuto risvolti economici negativi, dai quali il calcio non è stato immune. In casa Napoli, la gestione impressa negli anni da De Laurentiis ha portato a poter contare su un tesoretto di 142 milioni di euro. Una rete di protezione dalla quale attingere che consente in questo momento di crisi economica – oltre che sanitaria – di affrontare l’emergenza con meno affanni. Anche sul fronte stipendi: per ora De Laurentiis ha sospeso solo il pagamento del mese di aprile e prima di prendere accordi con i giocatori aspetta di capire come e quando la Serie A potrà riprendere. E se si dovesse ricominciare a maggio, il presidente potrebbe proporre ai suoi giocatori solo il taglio di una mensilità. C’è ancora però ancora il discorso multe, legate al famoso ammutinamento del 5 novembre. Ma per ora la situazione è in stand-by.

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Da giorni si leggono inviti, articoli ed editoriali affinché la Serie A possa ripartire. Nel farlo si ricorda come il calcio sia una delle principali aziende economiche del paese; dà allo Stato oltre 1 miliardo di euro in tasse; crea migliaia di posti di lavoro, in modo diretto e indiretto; è in grado di regalare emozioni, soprattutto in un periodo di isolamento forzato tra le mura domestiche. Se fosse negata la sua ripartenza non solo verrebbe spezzata la possibilità ad alcune società di competere sportivamente, ma anche economicamente, dato che molti club, soprattutto delle serie inferiori rischierebbero di fallire. Oltre a causare la perdita di posti di lavoro. Tutto giusto e condivisibile. Sarebbe il caso però di invitare le società a ripensare e a cambiare in futuro le modalità di gestione, per evitare di vivere al di sopra delle proprie possibilità, ricorrendo a giochetti di bilancio nel tentativo di farli quadrare. Giusto per poter far fronte a eventuali imprevisti.

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Luigi Ottobre