00 6 min 4 anni

Non posso non constatare che il caso dei colleghi appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, è connotato da qualche singolarità.

Esordisce in questo modo Giovanni Iacoi, Segretario Generale del LeS (Libertà e Sicurezza), uno dei sindacati della Polizia di Stato, il quale sembra abbia voluto manifestare in maniera molto chiara e netta la sua solidarietà ed il suo pensiero e quello del Sindacato che rappresenta al massimo livello ai poliziotti penitenziari in servizio presso il carcere campano.

Iacoi, vuole spiegarci il senso delle sue affermazioni?

I colleghi della Polizia Penitenziaria lo scorso 6 aprile si sono trovati improvvisamente a dover gestire una rivolta diffusa in moltissime strutture carcerarie di tutta Italia, approfittando del periodo di pandemia causata dal Covid-19. Possiamo ben immaginare cosa sia potuto accadere in alcune case circondariali, in cui moltissimi detenuti hanno preso in ostaggio i poliziotti carcerari, hanno provocato centinaia di migliaia di euro di danni e, a rivolta sedata si sono registrati persino moltissimi feriti ed alcune morti. Sicuramente sono state situazioni localmente anche difficilissime da gestire e, da quanto possiamo apprendere dagli organi di informazione, queste rivolte diffuse sarebbero state fomentate da organizzazioni criminali, che, in qualche caso, sono riuscite a far evadere diversi detenuti. Invece di riconoscere l’impegno straordinario che i colleghi hanno dovuto profondere per sedare i rivoltosi, anche a rischio della loro incolumità, a 44 di loro, in servizio a Santa Maria Capua Vetere sono stati notificati altrettanti avvisi di garanzia.

Cosa ci trova di strano?

Con tutto l’ovvio rispetto per il lavoro dei magistrati, di singolare trovo, sia che a 44 colleghi della polizia penitenziaria l’11 giugno sia stato notificato un avviso di garanzia, mentre non mi risulta che ne siano stati notificati a coloro che hanno provocato la rivolta ed i danni con i ferimenti e tutto quello che ne è conseguito, ed, inoltre, che questi atti siano stati notificati all’esterno della struttura carceraria, quasi in mezzo alla strada e con grande risalto mediatico, come se i colleghi fossero loro i delinquenti o come se quegli avvisi di garanzia non potessero essere notificati all’interno della struttura. Francamente ho avuto l’impressione che si sia voluto dare un segnale a qualcuno, ma, ovviamente, spero di sbagliare.

Come dire, una spettacolarizzazione?

Esattamente, una spettacolarizzazione di cui, comunque la si voglia vedere, non avevamo bisogno né noi poliziotti né il Paese.

Iacoi, ora, cosa pensate di fare?

Innanzitutto, come Segretario Generale di LeS, ho dato mandato al nostro portavoce nazionale Elvio Vulcano di esprimere pubblicamente la nostra solidarietà sia ai tanti colleghi coinvolti che all’intero Corpo della Polizia Penitenziaria, e al nostro Segretario Provinciale di Caserta Antonio Porto di seguire sul posto l’evolversi della vicenda. Ma non ci siamo fermati all’indignazione, che, ovviamente, riguarda la procedura della consegna degli atti e non il merito degli atti stessi, sui quali non possiamo esprimere alcun commento. A questo proposito, ho immediatamente contattato l’amico Alessandro De Pasquale, Presidente del SIPPE (Sindacato Polizia Penitenziaria), chiedendogli se potevamo partecipare fattivamente alle sue iniziative in merito e per questo gli abbiamo messo a disposizione alcuni studi legali come quello dell’Avv. Domenico Signoriello, specializzato nel nostro settore o quello dell’Avv. Francesco Petrocchi, entrambi di Roma. Ma non solo, abbiamo anche ricevuto l’immediata disponibilità dei nostri amici di CODICI della provincia di Latina, una associazione di consumatori molto conosciuta sia in ambito nazionale che locale, che ha messo a disposizione i suoi avvocati al fine di poter dare tutta l’assistenza legale possibile, qualora ci venisse richiesto. Tra l’altro, devo dire che la conversazione con l’amico De Pasquale, è stata più volte interrotta, in quanto vi era stata un’altra rivolta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere,  dove la tensione non accenna a calare, perché, nella notte, sei agenti della Polizia Penitenziaria sono stati aggrediti da due detenuti extracomunitari che, dopo aver dato fuoco alla propria cella, mentre venivano condotti  in infermeria, si sono scagliati addosso ai poliziotti mettendo a soqquadro sia la sezione Danubio, cioè proprio quella interessata alla rivolta del 6 aprile, che l’intero corridoio. Conclusione, tre agenti sono finiti in ospedale per le ferite riportate ed un’accusa di trauma cranico provocato da un colpo di sgabello sferrato contro uno dei colleghi.

Indubbiamente la situazione carceraria in Italia non è rosea ed il sovraffollamento rappresenta un detonatore sempre pronto e far brillare la carica esplosiva.

Sono ben consapevole che la nostra solidarietà per i colleghi e l’impegno attivo del SIPPE, uno dei loro maggiori sindacati, non può essere certamente la risposta al problema del sovraffollamento delle carceri a livello nazionale. Per questo, qualche tempo fa, avevamo lanciato la proposta della delocalizzazione del luogo di reclusione, proponendo “il carcere a casa propria” per i delinquenti stranieri che commettono reati in Italia, ovviamente non inteso come nella loro abitazione, bensì nel loro Paese di origine. Alla luce della situazione complessiva dei carceri italiani, spero che, finalmente, si voglia prendere in esame questa proposta.

Redazione