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MADDALONI- Buttiamola in politica. Dopo l’inappellabile sconfitta al cospetto del Consiglio di Stato che ha solennemente bastonato la classe dirigente degli ultimi 25 anni, rea di aver «gravemente, reiteratamente e consapevolmente» ostacolato la riorganizzazione della viabilità urbana e il superamento dei passaggi a livello, daremo anche informazioni sull’iter che sta per incardinarsi presso la Corte dei Conti. Intanto abbiamo scoperto che Maddaloni (politicamente intesa) forse poteva salvarsi dai naufragi plurimi: quello della bancarotta dell’Unione dei Comuni Calatia (i cui contenziosi sono ancora in itinere), della rimozione d’autorità del sindaco Farina e ovviamente dalla figuraccia su scala nazionale con Rfi. Lo facciamo, utilizzando una ottima analisi politica (lontanissima dalle beghe attuali dei partiti politici cittadini, senza sede, senza leder, senza idee e senza capacità di vincere le elezioni). Abbiamo scovato una finissima e lucida analisi politica di un Giosuè Bove d’annata. Nei panni di segretario provinciale di Rifondazione Comunista, con dieci anni d’anticipo nel 2007, aveva previsto i disastri a cui avrebbe portato il «paradigma della mediocrità» che stava divorando la politica locale e certi partiti appena diventati orfani di Franco Lombardi. Aveva previsto l’imminente disastro della gestione dei rifiuti, quella delle lotte tribali interne ai gruppi di potere locali e la disfatta con Rfi. Il documento la riproduciamo in calce integralmente. Ma noi lo leggiamo al contrario, partendo dalla questione passaggi a livello. E realizzando una intervista virtuale a dieci anni di distanza con l’ex segretario di Rifondazione. Ed ecco cosa incredibilmente scriveva, con una preveggenza insospettabile, in merito alle polemiche strumentali contro l’accordo con Rfi nel 2006: «In questa storia c’è ancora tanto da capire. Il progetto, come ogni progetto, è sicuramente migliorabile e forse la discussione attorno ad esso è stata troppo chiusa nelle segrete stanze del Comune».
Quindi non c’è trasparenza?
«Questa mancanza di informazione e partecipazione è assai pericolosa: consente operazioni di mistificazione della realtà, come avvenne nel 2002, quando una intera comunità pensava di fare una battaglia contro chi voleva spezzare Maddaloni in due, e invece stava lottando esattamente contro l’unico modo per evitare la permanenza della divisione e dei rischi di attraversamento. Il comportamento ostativo di allora impedì di usufruire gratuitamente di un opera che peraltro ci veniva concessa da RFI pur senza averne obbligo convenzionale. Il comportamento tenuto dal Comune fino ad oggi ha comportato un enorme dallo alla comunità sia in termini di risarcimento danni dovuti a RFI sia in termini di mancata fruizioni di alcune opere sostitutive ai passaggi a livello».
Dieci anni dopo queste affermazioni fanno impressione e l’accusa di mancanza di trasparenza possono essere estesa alla gestione privatistica e non pubblica del Puc.
Giosuè Bove iniste:
«Dunque è necessaria una mobilitazione perché la cittadinanza si riappropri di questa discussione, la tiri fuori dalle stanze chiuse e la renda pubblica e partecipata, rilanci la necessità di una nuova viabilità per la nostra città. Ma più di questo è necessario, che a partire dalla vicenda specifica, si cominci una “rivoluzione culturale” in questo paese, dopo 10 anni di regressione. Dobbiamo invertire il senso di marcia, dare precedenza e legittimità alla innovazione delle idee, delle persone, delle pratiche politiche. Bisogna battere le posizioni che in nome di una declamata moralità immacolata, ha invece costruito le proprie fortune personali, quelle si davvero sfruttando la politica e i suoi annessi e connessi, ed oggi vorrebbe mantenere tutto fermo per evitare che vi siano giovani curiosi che si introducano nel labirinto del peraltro misero affarismo di paese, mettendo casomai in discussione anche gli appalti della NU. Dobbiamo fare una lotta contro il vecchio perché solo così è possibile sperare nella crescita di una nuova classe dirigente che abbia a cuore non solo le personali ambizioni di ciascuno, ma l’interesse di una comunità intera, che intenda trasformare il rapporto tra spazi e città, svuotando di traffico e riempiendo di vita il centro e i quartieri, e il rapporto tra piazza e municipio, facendo della democrazia partecipata e diretta il vero principio regolatore della comunità».
Dieci anni fa come oggi nulla è cambiato. La scia dei disastri si è allungata: Puc fermo, Interporto al palo, e poi dissesto finanziario, arresti di amministratori e la Nu sempre inefficiente. E desta impressione che chi allora sedeva in Consiglio Comunale, in giunta e in Consiglio Provinciale ancora oggi ambisce a tirare le fila della disastrata politica cittadina.
Ecco il testo integrale dell’analisi di Giosuè Bove:
Sulla questione dei passaggi a livello
Il paradigma della mediocrità
Nella nostra città da ormai quasi 10 anni qualsiasi idea nuova viene immediatamente bollata come “impossibile”, “irrealistica” nel migliore dei casi oppure, oppure “truffaldina”, marchiando chi la propone come “affarista”. C’è stata in questi anni una singolare inversione logica per cui la innovazione non è un fattore positivo di sviluppo ma la causa di confusioni e di pericoli per l’ordinato svolgersi della politica e dell’amministrazione. Se volessimo datare l’inizio di questo capovolgimento sicuramente dovremmo risalire a quando la innovativa impostazione della prima giunta Pascarella sui piani di edilizia economia e popolare, e la sfida alla lobbies dei proprietari e dei costruttori (sostenuta fortemente da Rifondazione, anche se già allora con qualche distinguo interno, oggi chiaramente spiegabile), costò a Pascarella la interruzione del percorso e mise fine ad una via d’uscita da sinistra della crisi della nostra città. Pascarella fu rieletto, ma con il programma di chi l’aveva fatto cadere. Da allora l’innovazione è stata una brutta parola.
Abbiamo bruciato così idee importanti. Una per tutti: si era pensato – quando fu rescisso il contratto con Ecocampania – ad un modello di raccolta e smaltimento che coinvolgesse direttamente i consorzi obbligatori e volontari dei riciclatori (carta, vetro, plastica, oli usati, umido, componenti elettrici ed elettronici, toner …) attraverso una o più cooperative di disoccupati e con un appalto non ad un unico soggetto ma a più soggetti coordinati dalla struttura pubblica che avrebbe gestito, tra l’altro, una isola ecologica comunale. Ma l’innovazione era diventata peccato e
– nonostante ci fosse stato il coraggio di osare – non si poteva perseverare, né mettere le mani in un settore così delicato.
Ma se un progetto è positivo, casomai ha costi minimi per la comunità con alti benefici, perché bloccarlo? Perché impedirne la realizzazione? Agli stessi “potenti” della città non converrebbe forse migliorare la vita dei cittadini e utilizzare le più innovative idee in merito? Perché, invece, opporsi organizzando vere e proprie crociate, con tanto di scomuniche e di epurazioni? La cosa è facilmente comprensibile quando l’idea innovativa in questione va in contraddizione con gli interessi delle lobbies che sostengono il potere politico. Ma a volte la contrapposizione ha riguardato cose che non erano così contraddittorie con interessi consolidati al governo. Ciò nonostante la chiusura è stata totale. Ci ho pensato spesso in questi lunghi anni e mi sono fatto una convinzione. C’è un problema di compatibilità del ceto politico: al contrario di quello che succedeva prima, adesso i soggetti che escono dalla dimensione di mediocrità non devono essere attirati dalla politica, ma, al contrario, tenuti alla larga. Gli si deve impedire di crescere, di realizzare le proprie idee, tutto deve rimanere dentro un orizzonte piatto di conformismo. Solo in questo modo, sembra essere questa la logica dominante, si favorisce la “manovra”, si lascia libero il macchinista di decidere velocità e direzione, si evitano complicazioni e concorrenze interne. Così il paradigma della mediocrità impone un conformismo che si avvita su se stesso e riproduce la crisi della città senza costruirne alcuna possibile uscita.
Una storia lunga
Sulla vicenda dell’abbattimento dei passaggi a livello e della conseguente organizzazione della nuova viabilità per la città la storia si sta ripentendo. Ma per comprendere cosa sta avvenendo oggi dobbiamo necessariamente tornare indietro nel tempo. Nel 1986 – allora era sindaco Salvatore Cardillo – fu stipulata una convenzione Comune – FS, oggi Rete Ferroviaria Italiana RFI, per cui a fronte della realizzazione del cavalcavia su Via Libertà a cura delle FS, il Comune rinunciava all’attraversamento della sede ferroviaria a raso in corrispondenza dei passaggi a livello di Via Montella e di Via Appia (in sostanza rinunciava alla servitù di passaggio su di essi esercitata) ed autorizzava le FS a sopprimere definitivamente, con la realizzazione della predetta opera sostitutiva, i passaggi a livello anzidetti.
Nel 1991 le FS consegnano il cavalcavia e chiedono al Comune di procedere (come da impegni assunti) alla soppressione definitiva dei due passaggi a livello in questione: quello su via Via Montella viene sbarrato, mentre il passaggio a livello di via Appia viene chiuso solo in via temporanea dalle ore 22.00 alle ore 06.00. Proprio quell’anno l’allora Sindaco Iodice intende riaprire la discussione sugli accordi. Secondo il suo parere nella convenzione dell’86 il Comune aveva concesso troppo, ottenendo troppo poco. Riprende la discussione con FS e l’amministrazione comunale riesce a spuntarla: le FS-RFI si impegnano a realizzare nuove opere per l’abolizione del passaggio a livello di Via Appia e precisamente una passerella pedonale ed un sottopasso carrabile. Infatti in data 01.07.1991 le FS, il concessionario ITALCOCER e il Comune sottoscrivono un verbale in cui si attesta che la soppressione del PL di via Appia sarà effettuata in epoca immediatamente antecedente all’inizio dei lavori di realizzazione di un sottopasso carrabile. Nel 1996 le FS presentano al Comune il progetto definitivo per le opere sostitutive anzidette. La Giunta Pascarella cade prima di prenderli in esame ma i progetti vengono approvati dal Commissario Prefettizio in data 20.02.1997
Ma nel 1998 il Pascarella bis revoca le delibere del commissario prefettizio (delibera di C.C. n. 130 del 18.03.1998), ritenendo i progetti “non più interessanti” e decide di non dare seguito all’impegno contrattuale precedentemente assunto con la convenzione del 1986 (ovvero, la chiusura definitiva del passaggio a livello di Via Appia). A questo punto le FS rivendicano il diritto di procedere alla chiusura del PL in questione e promuovono iniziative in tal senso a partire dall’anno 1999; nello stesso tempo viene fatta circolare tra la popolazione la voce secondo la quale le FS vogliono “tagliare in due la città”.
Negli anni dal 2000 (giunta Pascarella) al 2002 (giunta Lombardi), sotto l’incalzare delle iniziative esecutive delle FS, viene favorita la costituzione di comitati di protesta contro la muratura dei passaggi a livello che “taglia in due la città”. La realtà era esattamente opposta: la città era ed è tagliata in due dal passaggio a livello, che oltre a costare alle FS e dunque all’intera collettività in termini di lavoro applicato, manutenzione, vigilanza e assicurazioni circa un miliardo di vecchie lire all’anno, costava anche in termini di ferimenti e di vite umane. Il superamento attraverso la passerella ed il sottopasso avrebbero ricongiunto, non separato, la città. Ma tant’è: tutti furono coinvolti in questa crociata tanto populista quanto inconcludente.
RFI a quel punto mette in mano le carte ai legali e avvia proprio a fine 2002 un contenzioso giudiziario che si è concluso qualche giorno fa, il 5 settembre 2006, con la definitiva condanna del Comune di Maddaloni non solo al pagamento di circa 3 milioni di euro come rimborso dei danni subiti dalle FS ma anche alla realizzazione delle opere previste dalla convenzione e, quindi, alla chiusura definitiva del PL di via Appia. E, cosa non comune, la sentenza è fondata sul giudizio specifico sugli amministratori locali, che -“agendo in malafede” -hanno impedito alla cittadinanza di usufruire di opere che avrebbero ottenuto a titolo gratuito e che avrebbero migliorato la vivibilità complessiva della città.
Nel frattempo però, esattamente all’inizio del 2005, l’allora Sindaco Franco Lombardi – a conoscenza dell’andamento giudiziario del percorso – affida a D’Errico, nella qualità di Presidente del Consiglio Comunale, con delibera ufficiale di delega, l’incarico di monitorare con l’Ufficio Tecnico Comunale la situazione della mobilità cittadina e di riprendere rapporti con le FS per il tramite della Italcocer, società mista pubblico privata costituita essenzialmente da RFI e lega delle cooperative, concessionaria individuata dalla legge nazionale per la soppressione dei passaggi a livello ferroviari.
Il contatto Comune di Maddaloni-Italcocer è propedeutico di ulteriori passaggi diretti a superare il contenzioso Comune-RFI. Su questo percorso D’Errico, che è peraltro stimato avvocato, trova un buon alleato nella Italcocer, che avrebbe tutto l’interesse professionale e aziendale ad evitare il contenzioso e ad utilizzare i fondi residui della legge per realizzare le opere necessarie al superamento dei passaggi a livello.
Dopo l’elezione al consiglio regionale Franco Lombardi, nei saluti finali di fine incarico come Sindaco, cita appunto il lavoro che sta facendo il Presidente del Consiglio Comunale con gli uffici tecnici del Comune. Di lì a poco, nel dicembre 2005, grazie all’impegno dell’Ing. Pietro Correra e dell’Arch. Enza Pellegrino, viene presentato alla Giunta un progetto di pre-fattibilità. La Giunta lo approva e così il progetto viene trasmesso a Italcocer che provvede a farlo suo e a proporlo a RFI.
L’ipotesi progettuale pare convincere anche l’Ing. Nicola Tosto, manager nazionale di RFI tant’è che nel mese di marzo del 2006 viene trasmesso al Comune il Progetto redatto dal concessionario anche per conto di RFI per la definitiva approvazione da parte del Consiglio Comunale. Tutto sembrava andare per il verso giusto: il progetto di pre-fattibilità, rielaborato da RFI ma conforme a quello precedentemente elaborato dall’Ufficio Tecnico del Comune e approvato dalla Giunta doveva attraversare la fase di dibattimento pubblico e consiliare, per poi infine essere approvato dallo stesso Consiglio Comunale.
L’idea era di approvarlo prima che uscisse la sentenza: questo fatto avrebbe permesso di rimuovere le ragioni fondanti di una eventuale condanna e soprattutto avrebbe evitato che tutti i costi, non solo i rimborsi dei danni subiti da RFI ma anche quelli di realizzazione successiva delle strutture di superamenti dei passaggi a livello, avvenissero a carico della comunità maddalonese.
Ma proprio a metà del 2006 scoppia la bagarre: D’Errico viene accusato di “essersi inventato un mestiere”, di avere “interessi personali” nella questione, di essere un “affarista”, il progetto liquidato come un abominio, che vuole “spezzare” la città in due (di nuovo!). In realtà come già abbiamo visto D’Errico era stato incaricato ufficialmente dall’Amministrazione Comunale di trovare una soluzione al contenzioso con RFI e contestualmente di provare a disegnare soluzioni per una nuova viabilità nella città e come vedremo il progetto ricongiunge davvero la città, decongestionando Via Libertà e Via Caudina ed evitando che il traffico si concentri in modo infernale nell’area tra l’incrocio Via Sena-Via Caudina e l’incrocio Via Appia-Via Libertà. D’altra parte questa polemica così feroce contro D’Errico è sospettamene contestuale alla critica di quest’ultimo contro Iacta, Iacorossi e Unione dei Comuni. Dietrologia per dietrologia, non è che per caso, non potendolo attaccare su quell’argomento – su cui è evidente non solo la piena sintonia con il popolo, ma anche la sua competenza istituzionale, essendo egli l’assessore all’ambiente -, si tenta di colpirlo in altro modo, attraverso la classica accusa di “affarismo” per evitare che metta il naso in faccende che non lo devono riguardare, come per esempio il fatto che paghiamo 7 milioni di euro all’anno per un servizio di raccolta e smaltimento inadeguato e che potrebbe – se fatto bene – costare almeno il 30% in meno?
Contro questo progetto insorgono da un lato i sostenitori dell’interramento dall’altra i sostenitori del trasferimento della linea ferroviaria. L’interramento della linea ferroviaria è una idea innovativa, intelligente e “di civiltà”, ma estremamente costosa e in alcuni tratti tecnicamente assai complicata a realizzarsi, rispetto a cui RFI ha già dichiarato di non essere interessata. L’idea del trasferimento della linea ferroviaria fuori città, nei pressi dell’interporto è invece una ipotesi contraddittoria con ogni logica moderna di mobilità. Sarebbe davvero un assurdo logico, adesso che si vuole integrare in un’unica rete metropolitana tutto il trasporto locale su ferro della Campania, spostare le stazioni esistenti fuori dai centri urbani. La metropolitana leggera che si sta realizzando non solo deve valorizzare le attuali stazioni nei centri urbani, ma ne deve realizzare altre: la missione di una metropolitana (lo dice il termine stesso) è di attraversare la/le città, rendere costanti e certi i collegamenti su ferro del resto della regione con il centro (Napoli) e tra i centri (le città e i grandi quartieri della metropoli), permettendo a studenti e lavoratori di raggiungere i luoghi di studio, lavoro o di erogazione dei servizi generali con semplicità, evitando l’uso dell’auto. Questa ipotesi è improponibile dunque già per la sua palese incoerenza logica: è uno di quegli oggetti di studio che hanno la caratteristica di riempire le tasche dei progettisti senza che essi assumano alcun rischio, essendo un progetto che non si realizzerà mai.. Ciò nonostante è stata spacciata come una idea dell’Assessore regionale Cascetta, confondendo la questione della metropolitana leggera con la questione, completamente diversa, della linea veloce. E infatti vero che si sta discutendo della costruzione di una tappa della linea veloce nell’area interportuale, ed è una discussione sensata. Ma stiamo in un campo totalmente diverso, che non c’entra niente, davvero niente, con il trasporto ferroviario locale e la metropolitana leggera. La confusione tra i due discorsi, però, è stata finora molto utile a evitare di entrare nel merito di un progetto realizzabile che permetterebbe una viabilità più sostenibile nella nostra città.
Il progetto
Il progetto, che prevede la chiusura degli 8 passaggi a livello che ancora sono situati nel territorio di Maddaloni, si propone essenzialmente due obiettivi principali: a) decongestionare il centro cittadino dal traffico veicolare (in primis, via Libertà e via Caudina); b) realizzare una nuova viabilità urbana su buona parte del territorio comunale attraverso la costruzione di strade ex novo, il miglioramento di quelle esistenti ed il raccordo di esse con una serie di rotatorie e rotonde europee.
1. Venendo da Caserta oggi per raggiungere Via Napoli è necessario o andare al cavalcaferrovia di Via Libertà, oppure andare per il sottopasso in fondo a Via Campolongo, risalire Via Appia II tratto, attraversare l’incrocio con Via Cornato e immettersi finalmente in Via Matilde Serao. Il progetto prevede la realizzazione di una strada alternativa alla via Libertà nella direttrice Caserta -Maddaloni che da Via Sauda (ai confini con il Comune di Caserta) raggiunga Via Appia, via Cornato, Via De Curtis e, attraverso questa “due corsie”, raggiunga l’area di Via Napoli. Questa strada sarebbe accessibile anche da Via dell’Oliveto, quell’incrocio attualmente impraticabile situato subito dopo la Cementir (vendendo da Caserta), che verrebbe trasformato in una rotonda, mentre via dell’Oliveto diverrebbe una strada ampia, a doppio senso di circolazione e così pure via Sauda nel tratto che dall’incrocio con via dell’Oliveto va in direzione della villetta comunale Iano -Pacifero. In sostanza si tratta, quindi, di realizzare una viabilità di collegamento costituita da tronchi collegati tra loro e con l’esistente da rotatorie, sia sul lato Nord – Est, sia sul lato Sud – Ovest della linea ferroviaria.
2. Tra Via Appia e via Montella è prevista la realizzazione di un sottovia a forma di anello. Si tratta di un doppio sottopasso collegato a via Appia e a via Montella con un sistema di bretelle al fine di consentire il collegamento di tutta l’area con Via Matilde Serao e l’area di via Napoli. Per meglio organizzare la viabilità in questa parte del territorio viene aperta anche Via degli Osci (attualmente inutilizzata perché a vicolo cieco) con la realizzazione di una rotatoria in fondo alla stessa per consentire la circolazione sia in direzione del centro cittadino sia in direzione del doppio sottovia a forma di anello (e, quindi, in direzione di via Montella e via Matilde Serao). Si tratta in sostanza di realizzare due sottovia carrabili a senso unico, ad altezza ridotta, collegati sul lato Nord-Est a via Libertà –via degli Osci (con parcheggio) e a via Appia, e sul lato Sud –Ovest a via Montella con rotatoria di innesto e a via Matilde Serao. Inoltre si realizza una passerella pedonale al PL da sopprimere in via Appia. La realizzazione di quest’opera renderebbe superato l’attuale cavalcaferrovia di Via Libertà che verrebbe quindi demolito e portato al piano di campagna con la realizzazione di una grossa piazza e di una grande arteria a tre corsie che dalla stessa piazza si snoda in direzione del doppio sottovia a forma di anello. Più precisamente una delle tre corsie va a confluire nella rotatoria posta in fondo a via degli Osci, le altre due vanno a confluire nel doppio sottovia a forma di anello.
3. La soppressione del PL alla stazione centrale comporterebbe la realizzazione di un sottopasso ciclo – pedonale in asse al PL, la sistemazione a parcheggio della zona posta ad Est (per intendersi l’ex scalo merci) e la realizzazione di una strada a doppio senso di circolazione sulla fascia di rispetto della ferrovia in direzione di via Consolazione con una rotatoria posta in fondo alla via Caudina I Tratto (per intendersi, quella che attualmente finisce a vicolo cieco sulla predetta area posta ad Est della stazione centrale). Quest’ultima strada assolverebbe al compito di creare un collegamento di quest’area centralissima con il cavalcaferrovia di cui si dirà al punto successivo.
4. Alle spalle del Commissariato di Polizia che si trova nella traversa di via Caudina è prevista la realizzazione di un cavalcavia che approda alla via Starzalunga. Il detto cavalcavia è raggiungibile sia dalla citata traversa di via Caudina, sia dalla via Consolazione (precisamente, dall’ultima traversa a destra prima del PL di via Consolazione in direzione di via Baldina) sia, infine, dalla strada a doppio senso di circolazione che costeggia la ferrovia e che termina nell’area posta ad Est della stazione centrale di cui si è detto al punto precedente. In particolare quest’ultima strada assolve anche alla finalità di aprire i vari vicoli ciechi del grosso agglomerato urbano che proietta sulla strada ferrata sul versante di via Caudina (si pensi al vicolo ove è situata la vecchia industria conserviera e a tutti quelli successivi sulla stessa via Caudina).
5. I tratti finali di Via Napoli così come quello di Via Appia diventerebbero, nelle idee del progettista, salotti cittadini, con panchine, arredo urbano, pensiline anti-pioggia, valorizzando le attività commerciali della zona. In particolare l’ex scalo merci della stazione diventerebbe un area a servizio, collegata con la passerella pedonale, al salotto cittadino.
6. In direzione di Benevento, all’altezza dell’incrocio tra Via Cancello e la Sannitica sarebbe realizzata una grande rotonda europea con parcheggio centrale a servizio del mercato. Inoltre, quest’opera prevede anche la realizzazione di un corridoi sottoposti per consentire l’accesso pedonale sia in direzione della struttura mercatale sia in direzione di via Cancello I e II tratto.
7. I problemi di viabilità su via Cancello (attualmente molto congestionata dal traffico veicolare pesante proveniente dalla zona industriale di Acerra e da Cancello) verrebbero risolti attraverso l’annessione alla viabilità urbana del prolungamento di via Baldina. Si tratta in sostanza di realizzare una strada a doppio senso di circolazione che parte dall’incrocio con via Calabricito (per intendersi, quella che va in direzione di Montefibre -Acerra) ed approda sulla SS. Sannitica con realizzazione di ulteriore rotatoria di innesto all’incrocio con quest’ultima.
8. Altra rotonda europea verrebbe realizzata in località giardinetti, mentre sempre in detta località, all’altezza della curva nei pressi del ristorante Magnolie, verrebbe realizzata altra rotonda con corridoio sottostante per consentire l’accesso pedonale in direzione del centro cittadino e in direzione della frazione di Montedecoro.
9. Nell’area di Montedecoro gli ultimi 4 passaggi a livello sarebbero eliminati con un cavalcavia e sottovia nonché la realizzazione di nuove strade con piste ciclabili per raccordare le esistenti Via Lamia, Via Lima e via Pioppolungo e con un sistema che assicuri una fluidità del traffico su gomma.
Il progetto dunque prevede l’eliminazione dei PL a Via Sauda, Via Appia, Via Napoli, Via Consolazione, Via Lamia, via Pioppolungo, e i due in Via Lima (di cui uno che da accesso ad un fondo privato). Garantirebbe la decongestione di Via Libertà, Via Caudina e della Sannitica, almeno nel tratto relativo all’incrocio con Via Cancello. La soppressione dei PL avverrebbe comunque con sistemazioni a verde delle relative aree. Il costo delle opere graverebbe essenzialmente a carico di RFI (si tratta di oltre 20 ml di euro), mentre la città di Maddaloni dovrebbe realizzare opere di propria competenza per 2,5 milioni di euro, meno di quello che ci è costato l’atteggiamento tenuto finora nel contenzioso.
In conclusione
In questa storia c’è ancora tanto da capire. Il progetto, come ogni progetto, è sicuramente migliorabile e forse la discussione attorno ad esso è stata troppo chiusa nelle segrete stanze del Comune. Questa mancanza di informazione e partecipazione è assai pericolosa: consente operazioni di mistificazione della realtà, come avvenne nel 2002, quando una intera comunità pensava di fare una battaglia contro chi voleva spezzare Maddaloni in due, e invece stava lottando esattamente contro l’unico modo per evitare la permanenza della divisione e dei rischi di attraversamento. Il comportamento ostativo di allora impedì di usufruire gratuitamente di un opera che peraltro ci veniva concessa da RFI pur senza averne obbligo convenzionale. Il comportamento tenuto dal Comune fino ad oggi ha comportato un enorme dallo alla comunità sia in termini di risarcimento danni dovuti a RFI sia in termini di mancata fruizioni di alcune opere sostitutive ai passaggi a livello Oggi vi è il rischio concreto che scemi l’interesse di RFI alla realizzazione a proprie spese delle opere, essendovi adesso un obbligo giudiziario alla esecuzione da parte del Comune. Dunque è necessaria una mobilitazione perché la cittadinanza si riappropri di questa discussione, la tiri fuori dalle stanze chiuse e la renda pubblica e partecipata, rilanci la necessità di una nuova viabilità per la nostra città. Ma più di questo è necessario, che a partire dalla vicenda specifica, si cominci una “rivoluzione culturale” in questo paese, dopo 10 anni di regressione. Dobbiamo invertire il senso di marcia, dare precedenza e legittimità alla innovazione delle idee, delle persone, delle pratiche politiche. Bisogna battere le posizioni che in nome di una declamata moralità immacolata, ha invece costruito le proprie fortune personali, quelle si davvero sfruttando la politica e i suoi annessi e connessi, ed oggi vorrebbe mantenere tutto fermo per evitare che vi siano giovani curiosi che si introducano nel labirinto del peraltro misero affarismo di paese, mettendo casomai in discussione anche gli appalti della NU. Dobbiamo fare una lotta contro il vecchio perché solo così è possibile sperare nella crescita di una nuova classe dirigente che abbia a cuore non solo le personali ambizioni di ciascuno, ma l’interesse di una comunità intera, che intenda trasformare il rapporto tra spazi e città, svuotando di traffico e riempiendo di vita il centro e i quartieri, e il rapporto tra piazza e municipio, facendo della democrazia partecipata e diretta il vero principio regolatore della comunità.
Giosuè Bove
 
 

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