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Si vantava di essere ormai uno dei pochi rimasti ai vertici della malavita tarantina, tanto che bastava la sua presenza per ottenere quanto desiderava, anche senza ricorrere all’uso della violenza. “Giappone”, questo il suo nome di battaglia, è stato arrestato insieme ad altri 16 appartenenti all’organizzazione criminale di cui era il boss e che è stata oggetto dell’indagine “Japan” conclusa questa mattina dalla Squadra mobile di Taranto. Le accuse nei loro confronti e di altre otto persone indagate in stato di libertà, sono di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dall’avere la disponibilità di armi, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, anche da guerra, con relativo munizionamento, estorsione aggravata dal metodo mafioso, ricettazione furto e minaccia. L’attività investigativa della Mobile tarantina, avviata nel 2017, ha fatto luce su un’organizzazione criminale, specializzata nel traffico di sostanze stupefacenti, che aveva la sua base nel quartiere Paolo Sesto, ma che si ramificava anche nei quartieri Tamburi e Città Vecchia. Il leader del gruppo era un pregiudicato che, insieme ad un altro criminale di notevole spessore, comandava tutto il traffico di droga, prendendo decisioni e pianificando gli acquisti e le consegne, gestendo i contatti con i fornitori e supervisionando le operazioni criminose che servivano a reperire il denaro necessario per acquistare gli ingenti quantitativi di cocaina, eroina e hashish. Alcuni membri del gruppo si occupavano in maniera specifica del trasporto della merce, che ritiravano dai fornitori abituali e poi distribuivano nelle piazze di spaccio di loro competenza. Sempre loro avevano anche il compito di procacciare nuovi clienti ai quali vendere le dosi di droga. In questo modo l’organizzazione riusciva a disporre di una grande quantità di sostanze stupefacenti, con un giro d’affari di diverse centinaia di migliaia di euro. Il gruppo disponeva anche di numerose armi da fuoco con il relativo munizionamento, e uno degli indagati è stato trovato in possesso di una pistola mitragliatrice Skorpion. Il Giappone era consapevole di essere oggetto di attenzione da parte delle Forze dell’ordine, e quindi cercava in tutti i modi di rendersi invisibile facendo molta attenzione all’utilizzo del cellulare e cambiando spesso l’auto che utilizzava. All’esecuzione delle custodie cautelari in carcere hanno collaborato i Reparti prevenzione crimine di Lecce e Bari, i Reparti cinofili antidroga della questura di Bari e della Polizia di frontiera di Brindisi e del IX Reparto volo di Bari. Sergio Foffo
Fonte: Sala Stampa Polizia di Stato

Redazione On Line