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Continuiamo a sfogliare il libro dei ricordi legato alle stagioni teatrali dell’Alambra di Maddaloni che ha visto il proprio sipario alzarsi su straordinari protagonisti del Novecento. Nei giorni in cui si chiudono le celebrazioni per i 120 anni dalla nascita di Eduardo De Filippo, (da maggio 2020 un anno di tributi, celebrazioni, omaggi e tantissimi altri appuntamenti legati alla figura del Maestro), viene quasi naturale pensare a Carlo Giuffrè, altro Monumento del teatro italiano che ci ha lasciato nel 2018 alla soglia dei novant’anni. Nel pieno della sua maturità artistica, Giuffrè, con coraggio e determinazione chiese a Luca De Filippo di poter rimettere in scena alcune opere di Eduardo curandone anche la regia. Furono stagioni teatrali logoranti ma bellissime, una sorta di regalo per quel pubblico che non riuscì a vivere l’inimitabile magia del teatro eduardiano e che ebbe con Giuffrè la possibilità di respirare testi come “Natale in Casa Cupiello”, “Napoli Milionaria”, “Le Voci di Dentro”, “Questi Fantasmi”, “Il Sindaco del Rione Sanità”. Commedie (quasi) tutte rigorosamente inserite in cartellone al Teatro Alambra di Maddaloni con clamorosi sacrifici da parte di don Titino Barletta. Erano produzioni dal costo “cinque stelle” che collocate per un massimo di due repliche all’interno di una sala di provincia, producevano un guadagno quasi pari a zero. Avere Carlo Giuffrè in cartellone, per una volta, faceva dimenticare i conti da far quadrare. Era sicuramente più importante regalare alla fedele platea una serata di altissimo teatro. Il cognome Giuffrè, inoltre, era di casa a Maddaloni sin dalla prima ora.

Carlo Giuffrè nei camerini del Teatro Alambra in una foto che porta la firma di Franco Edattico

Dalla “ditta” insuperabile con il fratello Aldo (qualcuno ancora ricorderà una “Francesca da Rimini” che fece tremare la sala dalle risate), fino alle riletture di Piradello e Scarpetta. I fratelli Giuffrè hanno rappresentato uno dei punti più alti del teatro e del cinema italiano attraverso una carriera, nata all’Accademia di Arte Drammatica, capace di spaziare in ogni punto possibile dello spettacolo, dell’intrattenimento e della Cultura. Un bagaglio di esperienza e successi di cui si avvertiva il peso in tutta la sua squisita grandezza quando si avvicinava la rappresentazione in programma al Teatro Alambra. Forse non era il famoso “gelo” di Eduardo, ma poco ci mancava. Nelle ore che precedevano l’apertura del sipario, il silenzio e il rigore erano le uniche sensazioni che si respiravano. Anche il personale addetto al montaggio della scenografia sembrava che facesse meno rumore del solito. D’altro canto, Carlo Giuffrè poteva arrivare anche due ore prima dello spettacolo per chiudersi nella riservatezza del suo camerino. Una presenza imponente, una specie di colosso della scena. Ci si intimidiva anche semplicemente a salutarlo. In realtà dietro la grande discrezione, batteva un cuore di gentilezza.   

Una foto di scena di “Non ti pago”

Nel novembre del 1997, in una delle tante sortite all’Alambra, Carlo Giuffrè porta in scena “Non ti pago”, di cui Edoardo De Angelis sta ultimando la versione cinematografica con ancora una volta Sergio Castellitto protagonista. Una commedia dall’anima nera in cui Giuffrè diventa per l’ennesima volta servitore umile e sagace di Eduardo De Filippo, interpretando un Ferdinando Quagliuolo che come il Luca Cupiello della celeberrima commedia natalizia, vedeva travolta la sua quotidianità da un solo pensiero. Due passioni sfrenate che trovano la radice nelle tradizioni più forti del popolo napoletano: il presepe e il giuoco del lotto. Due passioni nelle quali rifugiarsi per non guardare quello che accade intorno. Giuffrè “italianizzò” parecchio un testo che debuttò ufficialmente nel 1940 (per poi diventare un film nel 1943) e che dopo 57 anni sapeva ancora sprigionare interesse per una storia che raccoglieva intorno a sé sogno e mistificazione, egoismo ed esasperazione, giovani contro vecchi. Intorno alla “quaterna della discordia”, ruotavano il passato e il progresso che iniziava ad avanzare, la tradizione con le prime voglie di libertà adolescenziali, con un Carlo Giuffè maestoso direttore d’orchestra di altri undici attori sulla scena.

Ancora Carlo Giuffrè al Teatro Alambra di Maddaloni in questo primo piano di Franco Edattico

Non ti pago”, oltre al canovaccio principale (Ferdinando Quagliuolo rispettato proprietario di bancolotto che spende tutti i suoi soldi alla ricerca di quell’estrazione vincente che non arriva mai a differenza del suo impiegato Mario Bartolini che ogni settimana passa a riscuotere fino ad indovinare una quaterna secca data in sogno proprio dal padre di Quagliuolo che tesserà tutti i fili della commedia) è anche un continuo scontro tra nevrosi e ribellioni di due diverse generazioni. La commedia rappresentò una delle tante fermate eduardiane di Carlo Giuffrè al Teatro Alambra che si concluse con un diluvio di applausi ed emozioni. L’eredità di Eduardo, ancora una volta, diventò identificazione autonoma e mai banale. Il tutto servito con l’intramontabile saggezza della commedia dell’arte. Quelle serate con Carlo Giuffrè non possono che restare tra i ricordi più belli del più importante luogo di cultura e spettacolo che Maddaloni abbia avuto. Un attore straordinario che la città ha sempre accolto in maniera calorosa. Concludiamo con questa clip audio recuperata da un file certamente non in HD. Poco prima di entrare in scena a Maddaloni, Carlo Giuffrè racconta cosa ha significato il teatro nella sua vita.

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Vincenzo Lombardi