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La relazione della Commissione parlamentare antimafia sul delitto “insoluto” dopo mezzo secolo

di Elio Bove

Il delitto di Pier Paolo Pasolini, ucciso la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia, dopo mezzo secolo, resta “insoluto” e anche se “appaiono ormai del tutto improbabili soluzioni di carattere giudiziario, resta utile, in prospettiva storica, che le ricerche sul movente e sulle modalità dell’aggressione che causarono la morte, entrambe mai chiarite, siano eventualmente riprese”. È quanto sottolinea la commissione parlamentare Antimafia che, sul finire della scorsa legislatura, ha approvato una relazione, ora resa pubblica, proprio sul caso dello scrittore e regista nell’anno del centesimo anniversario della nascita.L’omicidio di Pier Paolo Pasolini potrebbe essere legato al furto delle pellicole originali di alcune scene del suo film ‘Salò e le 120 giornate di Sodoma’, che era ancora in produzione: lo scrittore e regista sarebbe andato all’Idroscalo di Ostia, dove poi è stato ucciso, proprio per riuscire a recuperarle.È questa l’ipotesi che emerge dalla relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia. In questa ipotesi, aggiunge la Commissione, sarebbero coinvolti nel delitto “gruppi malavitosi di rilievo” come la Banda della Magliana.l’Antimafia ricorda “omissioni particolarmente gravi” rispetto agli “accertamenti immediati che si sarebbero dovuti svolgere” come “la mancata audizione dei testimoni che abitavano nelle baracche della zona e che avevano udito quanto avvenuto quella notte e che avrebbero sin dal principio dato conto dell’evidenza che l’aggressione fu condotta da numerose persone” o “la mancanza, dopo l’omesso confinamento della zona ove il delitto era avvenuto, di approfondite perizie sulle gravi ferite riportate da Pasolini e sui mezzi con i quali queste erano state inferte”.Maurizio Abbatino (uno dei capi della Banda della Magliana, poi collaboratore di giustizia) è stato sentito dalla Commissione di inchiesta in “due distinte occasioni”. Ascoltata durante i lavori anche la ricercatrice e giornalista Simona Zecchi, che si occupò del caso Pasolini.Sarà l’amico Ninetto Davoli a riconoscerlo. Dell’omicidio fu incolpato Giuseppe “Pino” Pelosi, diciassettenne di Guidonia già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita”, fermato la notte stessa alla guida dell’auto dello scrittore. Pelosi affermò di essersi trovato in piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, insieme a tre amici più grandi. 

Redazione