00 4 min 7 anni
 Cementir

MADDALONI- La lotta sindacale, quando è unitaria, ben motivata e fondata, paga. Sembra proprio che la mobilitazione di tutti i lavoratori del Gruppo Cementir più Cementir-Sacchi abbia avuto tutti questi requisiti. Bloccate le procedure di licenziamento per 260 unità su tutto il territorio nazionale. Di queste, dieci sarebbero spettate allo stabilimento capofila di Maddaloni. Alla presenza del mediatore ministeriale Castano (lo stesso che condusse la tragica trattativa sulla dismissione dell’ex Mf-Componenti di via Campolongo) si sono fatti significativi passi in avanti. Non si procederà con la macelleria sociale ma con il confronto costruttivo. Tutto bloccato e posticipato alla presentazione del Piano industriale aziendale nazionale del 14 novembre prossimo. L’azienda, che nei giorni scorsi aveva assunto posizioni poco inclini al confronto o al dialogo, ha aperto spiragli insperati: con il nuovo piano industriale, unitamente alla rimodulazione delle attività estrattive e produttive su scala nazionale, si potranno attivare (per le realtà coinvolge nei ridimensionamenti) procedure per accedere ad ammortizzatori sociali. Tra il licenziamenti  collettivi e la cassa integrazione per cause produttive c’è l’abisso. Ma affinché lo scenario, che resta sempre preoccupante, possa realmente cambiare le segreterie nazionali di Fillea-Cgil, Filca-Ciusl, Feneal-Uil dovranno smussare gli angoli di un accordo che si prospetta non agevole. Già il 2 e il 7 di novembre lavoreranno ad una «piattaforma socialmente accettabile e produttivamente sostenibile». Si tratta di un lavoro propedeutico all’incontro risolutore del 14 novembre. Si cerano di costruire ponti tra le parti al posto dei muri eretti nelle ultime settimane. Oltre i principi, c’è la dura realtà della mediazione: i ridimensionamenti produttivi potrebbero portare allo scivolamento pensionistico di parte del personale. E, in contemporanea, alla riqualificazione professionale del restante personale. La Cementir Italia, e più in generale le attività estrattive di trasformazione collegate alla produzione del cemento, così come le abbiamo conosciute nel secolo scorso sono destinate ad un profondo cambiamento. Infatti, se andrà a buon fine la trattativa sul blocco dei licenziamenti, si apre un «tavolo nazionale sul comparto». Le aziende tutte, Cementir compresa, pretendono un confronto ai massimi livelli affinché non si proceda alla dismissione o delocalizzazione del cemento di qualità italiano ma alla rimodulazione delle attività produttive. Rimodulazione è una parola, che declinata al livello regionale e poi locale, assume significati sinistri. La Regione Campania deve dare risposte alla Cementir, ma anche a tutte le aziende estrattive operative sul territorio regionale, in materia di proroga dei proroga dei volumi estrattivi già autorizzati. Va sciolto un paradosso tutto regionale. Questa volta, non si discute di apertura di nuovi fronti di cava, nuove aree di scavo o di progetti di ampliamento. Ma solo di completamento delle attività autorizzate: a Maddaloni, degli oltre tre milioni di metri cubi da estrarre (autorizzati dalla regione) sono stati asportati poco più di un milione e mezzo. Quindi serve, per tutelare le attività produttive e i livelli occupazionali esistenti, solo una «proroga tecnica per completare l’attività autorizzata». Si viaggi da Napoli verso Roma e ritorno. Se al Ministero delle Attività Produttive si troverà una soluzione occupazionale, la Regione Campania dovrà trovare una soluzione legislativa per concedere le proroghe e salvare i livelli occupazionali e produttivi.

bocchetti