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MADDALONI- Prospezioni geofisiche supplementari sulle masse sepolte. Dopo i carotaggi sull’area di rampa dell’ex Cava e quelli spinti fino al basamento tufaceo, saranno eseguite delle perforazioni supplementari sul corpo dei rifiuti circa 300 mila tonnellate tombate nell’invaso dell’ex Cava Monti. Dai risultati deriverà l’esatta conoscenza dell’estensione, profondità e natura dei materiali occultati. Sono allo studio pure le reazioni esotermiche che alimentano le fumarole. Dall’insieme delle analisi supplementari, sommate a quelle redatte dal geologo Balestri (consulente tecnico d’ufficio della Procura) scaturirà il progetto dimessa in sicurezza finale affidato dalla Regione Campania ad Invitalia e finanziato con 250 mila euro. Nell’attesa che si compiano queste lunghe procedure che probabilmente culmineranno nel tombamento e la costruzione di un sarcofago sul sito, notizie non confortanti arrivano sul versante dei pozzi irrigui sequestrati. Non è stata accolta la nuova richiesta (avanzata dal Comune alla Procura della Repubblica) di procedere ad dissequestro temporaneo i circa 40 pozzi, distribuiti tra Maddaloni e San Marco Evangelista, per una «nuova campagna di campionamento e analisi sulle acque di falda (da eseguire sotto la supervisione dell’Arpac) per testare la permanenza di alte concentrazioni di metalli pesanti (manganese e ferro) ma in subordine anche di fluoruri, arsenico e solfati». Anche perché le acque superficiali e delle emergenze sorgentizia nell’invaso dell’ex Cava Monti (area sorgente dell’inquinamento) sono risultate non contaminate dopo gli ultimi campionamenti. Pertanto, non si farà il «ridimensionamento o aggiornamento della mappa dei rischi ambientali certificati da Comune e Procura della Repubblica» richiesto dell’Uci locale (Unione coltivatori italiani). E sebbene sia stato investito anche le preoccupazioni degli agricoltori, pure il sindaco Andrea De Filippo non può far altre che confermare e vigilare le ordinanze di divieto di utilizzo della acque per uso irriguo. Tre i divieti in vigore: non possono essere emunte le acque, captate da 40 impianti di sollevamento distribuiti sui 65 ettari (entro un raggio di due chilometri dall’ex cava di Masseria Monti); le stesse non possono essere utilizzate per uso irriguo; e permane, entro 500 metri dall’invaso, il divieto di raccolta, commercializzazione e coltivazione dei prodotti agricoli.

Redazione