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CASERTA (di Amelia Ziccardi) Ognuno di noi ricorda dov’era e cosa stava facendo in quel preciso istante. Anch’io

Da circa mezz’ora era terminata la partita della squadra “il Diario” e come sempre,per chi non seguiva il basket, l’appuntamento  con gli amici era di fronte al bar La Veneziana, sul Corso Trieste

Eccoci, siamo sempre i soliti, chi commenta i risultati del calcio, chi la partita appena vista al Palazzetto dello sport, chi pensa al lunedì e a riprendere a studiare, eravamo tutti studenti universitari……..una domenica come tante, piacevolmente tiepida, eppure siamo a novembre

All’improvviso  un boato, sento una specie di capogiro, sotto le scarpe  il basalto è come se fosse posato sull’acqua . Guardo in alto e vedo i lampioni ai lati dei marciapiedi, che quasi si incrociano. Cerco mia sorella, che un attimo prima era di fronte a me, a 2 metri, e non la vedo più

La chiamo, forte, eccola, “ corriamo” grido, mentre un mare di gente corre in diverse direzioni.

“ Andiamo verso i giardini” e realizzo  che la terra si sta muovendo, penso, è  un terremoto e grido ancora questo mio pensiero,   agli altri, che però lo hanno già capito

Percorriamo i cento metri che ci separano dallo spazio aperto dei giardini del Parco del corso, in un tempo infinito  perché la terra che trema ci riporta indietro, come se fossimo su un tappeto mobile che va  nella direzione contraria alla nostra. E nelle orecchie quel rumore sordo, come un rombo che fa da sottofondo

Arriviamo, finalmente. Ci siamo tutti raga? Si si. Ma che è  successo? Ci possiamo muovere da qui? È  finito?

Casa mia è  vicina, mamma, papà….corriamo, andiamo verso casa. Io e mia sorella ci prendiamo per mano e corriamo. Gli altri amici corrono verso i loro affetti

Per strada e sotto casa vediamo una folla di visi, terrei, qualcuno già in pigiama, quasi tutti in pantofole

Scorgo finalmente mia madre, sorretta da qualcuno. Ci vede e tira un sospiro di sollievo: pensava a noi, nel Palazzetto e aveva temuto il peggio

Quella, come tante altre che vennero dopo, fu una notte passata in macchina, insieme a zii , cugini, amici  con le radio a pile che mandavano le notizie che via via diventavano sempre più  angoscianti

Ci riscaldo’ , perché poi il freddo arrivò,  il calore dello stare vicini,  uniti in uno stesso dramma, con le stesse paure, giovani e vecchi

I giorni che vennero dopo ci fecero capire che eravamo stati dei “fortunati” : altrove, non lontano da noi, sotto case che si erano sbriciolate come biscotti, tanti avevano perso la vita

Quaranta anni fa. Eppure, chi, come me, ha vissuto quel minuto e venti secondi, di autentico terrore, non lo ha mai dimenticato

Redazione