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Il boss dei Casalesi, in carcere del 1998, ha deciso di collaborare

La notizia è stata confermata dagli ambienti della Direzione Nazionale Antiomafia e dalla DDA di Napoli. Francesco Schiavone, alias “Sandokan”, dopo 26 anni di prigione, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro, ha deciso di collaborare con la giustizia.

Schiavone, apo indiscusso del clan dei Casalesi, è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.

Schiavone fu arrestato e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi. Prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe.  

La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.

LE REAZIONI

“Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall’identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan”.

Così, i componenti della commissione Legalità dell’Ordine dei giornalisti della Campania, presidente Marilù Musto e Tina Cioffo vice, dopo aver appreso del percorso verso la collaborazione con la giustizia del capoclan del cartello dei Casalesi Francesco Schiavone “Sandokan” dopo 26 anni di carcere duro.

“Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l’ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa. Su molti fatti di sangue la verità giudiziaria ha già ottenuto molti risultati anche senza il suo aiuto”.

La commissione – composta anche da Vincenzo Sbrizzi, Giovanni Taranto, Luisa Del Prete, Anna Liberatore, Nicole Lanzano e Federica Landolfi – si augura “che siano resi noti i patti che hanno “condannato” la periferia di Caserta e Napoli all’identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone sveli anche i contatti con le mafie nell’area vesuviana”.

Photocredit: Ansa

Redazione On Line