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di Antonio Del Monaco

Come Emanuele di Caterino, ucciso a 14 anni nel 2013, ora è Romeo Bondanese ad aver perso la vita: non compirà mai la maggiore età.
Quante altre notizie del genere dovremmo ascoltare? Quante lacrime di madri e padri, intere famiglie straziate dal dolore, dovremmo vedere?
Seguii la vicenda del giovane Emanuele, e ancora oggi i genitori convivono con una ferita sempre aperta…è uno strazio continuo.

Perché? Cosa sta accadendo?
Giovani e giovanissimi in preda all’aggressività gratuita, senza valori, senza morale…con la sola volontà di prevaricazione sull’altro, sul debole, l’indifeso.
Ma chi è davvero il debole?
Colpire a morte un coetaneo inerme, solo, colto di sorpresa…significa essere forti? Furbi?
No, significa essere vigliacchi. E non avere coscienza della gravità di quanto si sta facendo, all’altro e a se stesso.
“Giocare” a fare Dio è pericoloso: una volta percorsa tale strada ci si perde…in ogni senso.

Ora abbiamo due famiglie distrutte, come tutte le volte: la perdita, il dolore, la rabbia, lo stupore, l’angoscia… Emozioni senza speranza, senza futuro.
Mi domando perché un ragazzino esca indossando un coltello. Un genitore può non intuire un cambiamento, qualcosa di strano?
Non giudico, nè punto il dito su coloro che risultano essere altre vittime collaterali…ma è pur vero che le nuove generazioni sembrano essere sempre più smarrite, isolate, in preda alle loro angosce, paure, emozioni, debolezze…
La pandemia, le restrizioni e le limitazioni certo non hanno aiutato… ma la quasi totale assenza di etica, educazione sociale e coscienza civica è il dramma vero di questi tempi, a prescindere dall’emergenza sanitaria, e riguarda tutti.

L’emergenza di cui parlo è di tipo valoriale: serve più ascolto, più accoglienza, più empatia; serve condivisione, aiuto reciproco, comunicazione.
La famiglia, la scuola, la Chiesa, le associazioni, tutte le realtà educative, hanno il dovere morale di fare rete, per creare un presente forte, compatto, efficace.
C’è bisogno di una rieducazione valoriale, che miri all’attenzione dei più giovani, i più fragili, i più soli.
Non dimentichiamolo: l’aggressività è spesso la voce di chi non sa essere ascoltato o non sa ascoltare, nè parlare.
Un mondo migliore è possibile, deve essere per forza possibile! Ma prima dei giovani siamo noi adulti a dover credere profondamente e dare fiducia: dobbiamo essere guide, esempi positivi a cui ispirarsi. Dobbiamo ascoltare, educare, punire se necessario, ma prestando attenzione, sempre. Essere presenti, sempre.
Bisogna evitare altre morti, altre vittime, altro dolore: non è ammissibile morire a quella età, non è ammissibile finire in carcere a quell’età.
La vita è un dono preziosissimo. E unico.

Redazione