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Le ruspe sono entrate in azione. Ma questa volta, oltre alle proteste di rito, alla rabbia e/o disperazione degli occupanti, sovrabbonda la perplessità di politici, osservatori, sindacalisti, semplici cittadini. Al di là della protesta plateale e delle dimissioni del sindaco di Casal di Principe, sorprende, e non poco, la perplessità di è terzo e quindi osservatore distaccato. Abbiamo parlato con Carlo Scalera, una vita passata nel Sicet-Cisl.

Prevalgono perplessità, amarezza e sconcerto. Eppure il sindacato non ha avuto mai dubbi nelle scelta di campo per il ripristino della legalità…

Ed è proprio qui il punto. La legalità di uno Stato che va a corrente alternata. L’amarezza nasce quando si è forte con i deboli e debole con i forti.

Possiamo entrare nel merito della vicenda degli abbattimenti delle case abusive?


Il problema casa è sempre stato un problema. Non lo si scopre oggi. Sono anni che la politica si è girata dall’altra parte. Non ha voluto vedere. Questa cose le ho sperimentate per oltre un trentennio vivendo il problema casa e il territorio. Proprio per questo, sono sceso al fianco di chi occupava le case popolari e anche con chi costruiva abusivamente per necessità e con il buon senso, con la trattativa e con la buona politica abbiamo sanato tantissime occupazioni abusive.

Quindi che fare?

Premetto che, per principio, sono stato sempre contro l’abusivismo e in particolare quelle costruite senza licenze. Detto questo devo anche dire che certe abitazioni non dovevano proprio esistere ed in particolare nell’area dell’agro aversano compresa Casal di Principe dove le istituzioni sono mancate per decenni.

C’è stata omissione?

Facevano finta di non vedere e di non sentire. A questo punto, a questa povera (gente forse gestita male dalla mala politica che ha costruito abusivamente) andrebbe data almeno la possibilità di un condono e di una regolarizzare della propria posizione con il catasto. Invece, si sono scelti prima degli abbattimenti.

Ma quale sarebbe la via d’uscita?
Si deve prevedere anche un piano di edilizia economica e popolare dove dare la possibilità alle persone sfrattate di poter vivere. Senza case e soluzioni alternative non si possono mettere le persone in strada, tenendo presente che ci sono bambini.

Quindi il problema non sono gli abbattimenti ma le soluzioni alternative?

E’ chiaro che è così. Uno Stato che agisce in questo modo non rappresenta i cittadini, anzi li abbandona e non è uno stato democratico.

Redazione