00 3 min 7 anni

E’ finito con un proscioglimento, in sede di udienza preliminare, il dramma del bimbo nato morto alla clinica San Michele il 18 settembre 2015. Il più classico «non luogo a procedere perché il fatto non sussite», secondo la sentenza emessa dal giudice Giovanni Caparco, ha chiuso una vicenda che ha più volte mobilitato gli organi di informazione. Tutto è cominciato con l’accesso di una   partoriente 33enne che lamentava algie pelviche alle 7 del mattino di quel 18 settembre di un anno e mezzo fa. Al ritorno in clinica della donna, alle 10.50 dello stesso giorno, i sanitari accertarono la morte del feto. Da allora, è iniziato un lungo confronto tra l’accusa, che ha contestato il mancato ricovero immediato, la non messa in stato di osservazione e dell’analisi flussimetrica quale causa predisponente del decesso. Mentre la difesa che ha negato qualsivoglia nesso di causalità tra l’operato dei sanitari e il sopravvenuto decesso. In mezzo, il pronunciamento dei consulenti del Pm che hanno accertato e specificato che tale evento nefasto ebbe a verificarsi «per cause placentari e, più specificamente, per una insufficienza di circolo della placenta intervenuta in maniera acuta e caratterizzata da fenomeni ischemici-emorragici con parziale distacco di tale organo dalla parte uterina». Gli stessi consulenti hanno poi precisato come «tale evento si è determinato in maniera improvvisa e repentina» loddove non risulta possibile «al tempo stesso affermare che si sarebbe potuta evitare con certezza la morte del feto adottando le misure sopra indicate» ossia l’espletamento della flussimetria feto-placentare e la disposizione del ricovero della paziente in osservazione. Valutazioni quest’ultime ribadite ed esplicitate anche nel successivo contraddittorio tra le parti: cioè «anche effettuando l’esame flussi metrico e ricoverando la paziente l’evento si sarebbe potuto verificare egualmente». Chiuso il caso resta l’esperienza traumatica dei protagonisti. C’è amarezza nelle parole della ginecologa coinvolta Rita Tramontano: «Ho vissuto tutto in silenzio. Resta lo sconcerto per essere stata colpita da maldicenze, notizie infondate e soprattutto giudizi sommari e ingiusti basati sulla più totale non conoscenza dei fatti, ispirati dal semplice e superficiale sentito dire, da valutazioni affrettate, gratuite e irrispettose della professionalità e sensibilità personale. Nel rispetto incondizionato del dolore di tutti, mi preme ricordare che resteremo in silenzio ma non vogliamo più continuare ad fungere da bersagli inermi per accuse immotivate e ingiustificate».
bocchetti