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È morta all’età di 90 anni Monica Vitti, grandissima interprete di teatro, cinema e televisione, ritiratasi da tempo dalle scene

Il cinema italiano è in lutto per aver perso una delle sue attrici più famose. È morta all’età di 90 anni Monica Vitti, grandissima interprete di teatro, cinema e televisione, ritiratasi da tempo dalle scene.

Da anni, l’attrice si era ritirata dalle scene e ad una vita privata praticamente inaccessibile. L’ultima apparizione pubblica, infatti, risale al 2003, quando partecipò alla prima teatrale dello spettacolo “Notre-Dame de Paris” di Riccardo Cocciante. Di lei si sapeva che da diversi anni era ricoverata in una clinica svizzera dove riceveva le cure per una malattia degenerativa molto simile all’Alzheimer, affiancata da suo marito Roberto Russo.

La biografia

Attrice, regista, scrittrice. Appartenente a una famiglia della piccola borghesia romana, cresciuta nei pressi di piazza Bologna, unica femmina di tre figli, si iscrive al Pittman’s College prima di decidere di assecondare il suo amore per la scena – a soli quattordici anni aveva interpretato la protagonista sessantenne de “La nemica” di Dario Niccodemi – e iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma. Si diploma nel 1953 sotto la guida di Sergio Tofano che ne intuisce fin da subito anche la vis comica e le dà modo di ottenere già nell’estate del diploma una scrittura per una rappresentazione di “Ifigenia in Aulide”. La vera occasione arriva l’anno successivo quando il suo maestro la porta con sé sul palcoscenico teatrale nell'”L’avaro” di Moliére diretto da Fersen e poi le fa anche interpretare il ruolo di Ofelia nell'”Amleto” di Riccardo Bacchelli. Nel 1956 è la volta di “Sei storie da ridere” di Luciano Mondolfo e nel 1959 di “I capricci di Marianna”, che la confermano interprete teatrale brillante e affascinante e la rendono popolare al pubblico. Nel 1954 debutta al cinema con “Ridere, ridere, ridere” di Edoardo Anton, ma il primo ruolo di rilievo arriva solo nel 1958 con “Le dritte” di Mario Amendola. Negli stessi anni, Monica inizia anche a lavorare nell’ambito del doppiaggio, ma non pensa di avvicinarsi definitivamente al cinema. Nel 1957, sta per sposarsi con un architetto, ma mentre sta doppiando Dorian Gray in “Il grido”, conosce il regista Michelangelo Antonioni che, secondo la ‘leggenda’, affascinato dalla sua nuca, le propone di fare del cinema. Con Antonioni intrecciò una relazione artistica e sentimentale, che ne fece la sua musa e la protagonista nella sua celeberrima tetralogia cosiddetta dell’incomunicabilità. Diventò così la tormentata Claudia in L’avventura (1960), la tentatrice Valentina di La notte (1961), la misteriosa e scontenta Vittoria di L’eclisse (1962) e la nevrotica Giuliana in Deserto rosso (1964).

Sul set di “Deserto rosso” conosce il direttore della fotografia Carlo Di Palma, con cui più tardi si lega sentimentalmente. Alla metà degli anni Sessanta Monica decide di cambiare la propria immagine e tentare il registro comico-brillante, convinta di poter far ridere il pubblico annientando la malinconia. Nel 1968 Mario Monicelli la sceglie per interpretare “La ragazza con la pistola”, in cui è una travolgente donna siciliana che per ragioni d’onore parte per Londra, ruolo che le fa vincere il suo primo Nastro d’argento da protagonista. Nel 1969 Alberto Sordi la vuole per il ruolo di Raffaella in “Amore mio aiutami!”, una storia di infedeltà da lui diretta e interpretata, mettendo così le basi per costituire con lei un duo di mattatori che conquista il favore del pubblico per tutti gli anni Settanta. Nel 1970 è Adelaide, la donna contesa da Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini in “Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola, rimasta nell’immaginario per il suo inciampare sui tacchi mentre corre all’ospedale, disperata, in cerca di Nello/Giannini. Nel 1974 Sordi le propone il ruolo di Dea in “Polvere di stelle”, nostalgica rievocazione del mondo ormai scomparso dell’avanspettacolo. La sua notorietà si estende fuori dall’Italia, consentendole di andare a Londra nel 1969 per interpretare “Modesty Blaise. La bellissima che uccide” con Joseph Losey e lavorare poi nel 1971 con Miklos Jancso in “La pacifista” e nel 1974 con Louis Buñuel in “Il fantasma della libertà”. Negli anni Settanta il suo compagno Carlo Di Palma passa dietro la macchina da presa dirigendola nel 1973, nel suo film d’esordio “Teresa la ladra”. Nel 1975 la sua interpretazione di Lisa, moglie trascurata che il marito, un innamorato Ugo Tognazzi, tenta di riconquistare con ogni mezzo, in “L’anatra all’arancia” di Luciano Salce, le fa vincere un altro Nastro d’argento come migliore attrice e il David di Donatello.

Grande feeling con Eduardo De Filippo che la vuole nella commedia teatrale “Il cilindro”, registrata per la televisione. Tra le curiosità: in alcuni suoi film opera come sua controfigura, una giovanissima Fiorella Mannoia, cresciuta in una famiglia di stuntman. In carriera vanta numerosi riconoscimenti, tra i più importanti: 5 David di Donatello, 3 Nastri d’Argento, 12 Globi d’Oro, un Ciak d’Oro alla carriera, un Leone d’Oro alla carriera, un’Orso d’Argento, una Concha de Plata a San Sebastián e una candidatura al premio BAFTA.

Nel 1988 “Le Monde” commise una gaffe clamorosa, pubblicando in prima pagina la notizia della sua morte avvenuta per “suicidio con barbiturici”. L’attrice, con grande senso dell’humour, commentò la notizia ringraziando il giornale per “avermi allungato la vita”.

Redazione On Line