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MADDALONI- Un problema ambientale dimenticato ma non dagli agricoltori. Continua l’opposizione ragionata contro l’ordinanza del divieto di irrigazione. Su base scientifica, gli agricoltori chiedono, ad otto anni dal sequestro di oltre 40 pozzi, nel raggio di 500 metri dall’ex cava Masseria Monti (epicentro e simbolo dei «cimiteri dei veleni» tombati e dimenticati) che insistono su 61 ettari di terreno, la revoca del divieto di emungimento. E per farlo è stata chiesta ed ottenuta la riapertura di un tavolo tecnico presso il comune di Maddaloni. L’obiettivo è tutelare le aziende agricole, smontare gli effetti del sequestro imposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria C.V. e soprattutto far ritirare l’ordinanza del sindaco messa nel 2014 che impone il divieto di emungimento.

Le ragioni degli agricoltori

Sulla base delle analisi integrative svolte dall’Arpac, che negli ultimi anni hanno certificato l’assenza di inquinanti nelle acque dell’ex cava, vista la fine delle emissioni delle fumarole, si propone una analisi integrativa e monitoraggio. E’ un’opposizione tutta  scientifica e tutta basata su valutazioni agronomiche inappuntabili che coinvolge sia i comuni di Maddaloni che i terreni confinanti di San Marco Evangelista. Il criterio è questo: per i coltivatori, alle acque irrigue non vanno applicate le restrizioni e o parametri di utilizzo in vigore per le acque potabili. Pertanto, non esisterebbe un allarme per le alte concentrazioni nella acque della falda freatica, superficiale e profonda, di metalli pesanti (manganese e ferro) ma in subordine anche di   fluoruri, arsenico e solfati. Valori significativi, ma nella norma, che sarebbero da ricondurre esclusivamente alla natura tufacea del sottosuolo.

La posizione del comune

Le interdizioni sarebbero datate come quella del divieto di produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli per effetto delle immissioni in atmosfera in diossine e solventi aromatici, fenomeno ormai scomparso. Il comune, per la prima volta, apre al dialogo ma chiarisce. «Siamo pronti –annuncia l’assessore all’ecologia Salvatore Liccardo- ad un confronto a tutto campo ma solo sulla base di dati analitici attendibili. E’ chiaro che non è in gioco la revoca di un atto amministrativo ma  i presupposti che hanno portato ai divieti. Nessuna preclusione alle richieste degli agricoltori. Ma va opportunamente dimostrato che la concentrazione alta di metalli pesanti sarebbe riconducibile all’origine naturale tufacea dei suoli. E solo dopo sarà legittima la revoca».

Redazione