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di Alfredo Omaggio. La scomparsa di Guido Napolitano non ha segnato soltanto la perdita di un grande uomo di sport, come bene è stato ricordato sulle colonne de “Il Mattino” da Carlo Giannoni, bensì – per noi maddalonesi – anche e soprattutto la sottrazione di un appassionato indagatore della nostra storia cittadina. Il tentativo, sicuramente lacunoso, di lumeggiare alcuni tratti del suo pluridecennale impegno “civico” appare doveroso innanzitutto nei confronti dei concittadinipiù giovani, che non hanno avuto la fortuna, come invece è capitato alla mia  generazione,  di avere un tale fulgido punto di riferimento all’interno di un dibattito culturale fertile di idee e di proposte che ebbe luogo nella Maddaloni dell’ultimo trentennio dello scorso secolo e che vide come fulcro proprio una associazione che Guido contribuì a creare in modo decisivo: il Gruppo Archeologico Calatino;  da esso poi germinarono altre due istituzioni che diedero e danno prestigio alla città: la Biblioteca comunale e il Museo civico, ai quali si aggiunse il Museo archeologico di Calatia, inaugurato nel 2003.

Deprimente sarebbe un paragone con l’oggi, se penso alla fucina di studiosi, ricercatori, entusiasti amanti della storia cittadina che il Gruppo Archeologico seppe collegare, motivare e mobilitare. Oltre a Guido e al fratello Roberto, scomparso prematuramente, vengono alla mente, con qualche sicura dimenticanza di cui mi scuso previamente, Maria Rosaria Rienzo, poi storica direttrice del Museo civico, Giovanna Sarnella, Nunzio Sarracco, Franco Imposimato, a cui fu poi intitolato il G.A.C, Antonio del Monaco, Luigi Cerreto, Mario Mosca, Antonio Savastano, Antonio D’Orologio, Antonio Bernardo, Franco e Pietro Vuolo, quest’ultimo autore di una monumentale storia di Maddaloni. Dal loro esempio furono contagiati molti giovani: Antonio Mereu, Antonio Sarracco, Assunta De Santis, Arturo Cerreto, Carmine Addesso, Enzo Rescigno.

Guido non amava la prima fila, l’ostentazione, preferiva fare il talent scout, non solo nel basket, evidentemente. Era un uomo misurato, sobrio, dotato di un finissimo senso dell’ironia, merce rarissima e prendendo in mano qualche suo scritto ne ritrovo in pieno il tratto dell’uomo. Stile asciutto, sintetico, eppure densissimo nei contenuti, come nella sua comunicazione suifondi più antichi della Biblioteca di Maddaloni, letta in occasione del I° Convegno dei Gruppi Archeologici dell’Italia meridionale, tenutosi a Prata Sannita, nel 1986. Così ne presenta e sunteggia il contenuto: “Una ricerca in un deposito della casa comunale ha permesso di rinvenire ma­noscritti di notevole importanza, sotto il profilo della storia di questo Centro da secoli ad economia prevalentemente agricola. Esposti in una mostra allestita nella sede del G.A.C. e, successivamente, nel­la mostra sui Beni Culturali a Maddaloni, organizzata in occasione del 1° Con­vegno sul Centro Storico (1981), nel seicentesco salone del Convitto Nazionale “G. Bruno”, già ex Convento dei Francescani, quindi consegnati definitivamen­te alla Biblioteca Comunale di Maddaloni dove attualmente si trovano esposti nella Sezione Manoscritti Antichi”. E poi una attenta disamina dei manoscritti più antichi, che mi è sempre parsa come un modo originalissimo di scrivere una mini storia della città, tanto quelle carte ci dicono dal punto di vista economico, specie agricolo, sociale, culturale, religioso, politico dalla fine del Seicento fino al 1858, a pochissimo dalla fine tragica del Regno delle Due Sicilie. Trascelgo qualche esempio.Il Testamento Monte Montella del 1699 riporta lo Statuto organico del Monte dei Maritaggi approvato con Real Decreto.Il Libro delle Piante della Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, è un manoscritto cartaceo in folio che completava la Platea Magna, datato 1717, di grande interesse perché descrive le col­ture arboree e frutticoledelle masserie esistenti all’epoca nel territorio di Mad­daloni. Il Catasto onciario dell’Università di Maddaloni, datato 1754, è documento importante per lo studio e la conoscenza della città, della consistenza terriera, tipi di colture, commercio, mestieri. Serviva – come è noto – a censire le proprietà immobiliari al fine di tassarle. Tralascio l’elenco della Platea magna del Corpus Domini e, saltando gli altri, vado alla fotocopia di un manoscritto depositato presso la Biblioteca Nazionale de la Vallette-Malta (recuperato dal G.A.C.) che attesta la presenza nella nostra città dell’ordine dei Cavalieri di Malta. Per concludere:Acque del Ducatone-Liti contro i Sigg. Spazzalli Francesco e Starace Nicola Amministratori giudiziari dei Beni del Principe di Colobrano-Duca di Alvito dal 1818 al 1858.Si tratta del carteggio-manoscritto composto di più fascicoli rilegati in quattro tomi, in cui si dettagliano i motivi della lite per l’uso dell’acqua del Ducatone. La fontana indicata nei documenti è quella tuttora esistente nel cortile della Fondazione Villaggio dei Ragazzi, cortile, dove all’epoca si svolgeva il mercato cittadino.

Per comprendere la ampiezza della prospettiva di indagine e di studio di Guido basta citare, tra gli altri, due suoi studi: con Antonio Del Monaco, Presenze preistoriche in superficie sulla collina di Maddaloni in Agro Calatino, 1983 e con Roberto, Pagine inedite di storia agraria del Comune di Maddaloni, in Archivio storico di Terra di Lavoro, 1976-77. Se scripta manent, molto più arduo sarebbe elencare le innumerevoli iniziative culturali che lo videro protagonista. Ne cito una su tutte. Fu, con i primi soci del G.A.C., tenace promotore della prima pubblicazione in anastatica della Storia di Galazia Cmpana e di Maddaloni di Giacinto De’ Sivo, ristampato dalle Arti Grafiche Proto nell’agosto del 1976, con copie prenotate mediante sottoscrizione e ritirabili presso la Biblioteca comunale. Si inaugurò così una feconda stagione di studi sul nostro massimo storico e le ricerche di Bruno Iorio, altro maddalonese illustre, contribuirono poi a collocare il pensiero politico desivianoa petto di quello dei massimi esponenti nazionali del pensiero controrivoluzionario ottocentesco.

Con l’inizio del nuovo secolo, quando la realtà associativa calatina andava irrimediabilmente ridimensionandosi, continuò ad agire come straordinario animatore culturale ed ebbi l’onore della sua amicizia. Strinse un sodalizio ideale con il Museo di Calatia sotto la illuminata direzione di Elena La Forgia, e nel suggestivo scenario del Casino di Starza Penta si tennero le bellissime Settimane dei Beni culturalicol coinvolgimento delle scuole cittadine. Decise di cooptarmi con una modalità del tutto originale. Si intrufolava nei corridoi del mio liceo e mi attendeva al cambio dell’ora o alla fine dell’orario di lezione per associarmi, senza possibilità di diniego, ad una iniziativa per poi, con il suo immancabile e invincibile sorriso, chiedermi i nomi degli studenti da inserire nella locandina già pronta in tipografia, sapendo che su una cosa eravamo sempre d’accordo: rendere i giovani protagonisti! A distanza di anni mi sorprendo a pensare come allorale scuole non fossero ancora ostaggio di divieti, regolamenti, permessi, circolari, e provvedimenti vari che oggi renderebbero impensabili le sue incursioni. Voleva che gli alunni si interessassero delle nostre radici; seppur in pensione, aveva sempre negli occhi le domeniche in cui convocava i suoi allievi nell’area di Calatia con la proposta di cercare, pulire e catalogare reperti che venivano successivamente esposti, per poi essere consegnati a chi di dovere.Aveva fiutato che la generazione partorita dal G.A.C. era ormai invecchiata e non c’erano ricambi. Aveva visto, da sportivo, che la panchina si era tristemente assottigliata e, da uomo di cultura, che i problemi della città e della difesa della sua identità, in primis del Castello richiedevano nuovi militanti della civiltà. Negli ultimi anni ci siamo persi di vista, ma sono sicuro che i suoi ultimi pensieri siano stati per la sua – la nostra – amata città. Ciao Guido, sit tibi terra levis!

Redazione