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MADDALONI- Deciderà l’assemblea dei lavoratori. Ma l’ «outplacement occupazionale», ovvero la formazione, orientamento e ricollocazione professionale del personale in esubero, non convince molto i sindacati. Il futuro della «Maddaloni Cementi S.r.l.», stabilimento interamente controllato dalla Colacem, sembra a senso unico: nel 2022 chiuderà pure il centro di macinazione. Per la metà dei 45 dipendenti, in caso di trasformazione in centro vendita, comincerebbe, attraverso il servizi dell’«Agenzia Intoo» (specializzata nella ricollocazione professionale personalizzata per un reinserimento nel mondo del lavoro) la riqualificazione in altri siti produttivi. E’ certo invece la dimissione del centro di macinazione che è l’ultima attività (dopo la chiusura dell’estrazione e poi dell’altoforno) del processo di produzione del cemento. A segnare la morte sarebbero le nuove strategie politiche di transizione energetica: il costo delle quote di anidride carbonica (schizzate a 63 euro a tonnellata) rende onerosa la produzione di clinker (la componente base del cemento) e insostenibili quindi i centri di macinazione che trasferiscono, a bordo camion, il materiale verso l’altoforno. I sindacati insistono per una riedizione del «Piano sociale»: trasferimento, volontario e incentivato, del personale ma verso altri stabilimenti del gruppo presenti sul territorio nazionale come è avvenuto per 45 dipendenti su 90 unità. Nessun cambio di settore ma reimpiego in altre cementifici. In aggiunta, anche nuovi incentivi  per accompagnare il personale, sempre  della fascia 55-62 anni, alla maturazione di solidi ammortizzatori sociali e una condizione pensionistica. Un modo per fornire garanzie anche ai molti dipendenti quarantenni.

Redazione