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MADDALONI- Non vede, non sente e soprattutto non parla. La città, al cospetto di un crack finanziario che è di portata  epocale, fa spallucce. Finge di appassionarsi, al massimo, alla soap opera di qualche partitino o alle gesta delle solite liste civiche grondanti di ragazzotti. Ma se il concordato preventivo con i creditori non sarà accettato dal Tribunale fallimentare (lo stesso che bocciato due volte l’accesso alla procedura di sovraindebitamento) tra il Villaggio dei Ragazzi e le procedure di fallimento non ci saranno più ostacoli. Sono giorni decisivi. Ma di questo dramma di proporzioni gigantesche (24 milioni di euro di debiti), che profuma di bancarotta per le allegre gestioni finanziarie dei decenni trascorsi, non se ne parla. Proviamo a riparlarne con l’avvocato Franco D’Angelo, sempre nella triplice veste di ex sindaco, avvocato parte in causa e nipote del fondatore.
Oltre i soliti appelli buonisti, qualcuno ha accolto il suo invito ad un dibattito pubblico documentato sul perché il Villaggio dei Ragazzi è sull’orlo del baratro?
A Maddaloni tutti sanno. Ma nessuno vuole esporsi.
C’è omertà?
C’è una diffusa consapevolezza. In tanti, forse anche in buona fede indirettamente hanno contribuito alla bancarotta: i sindaci, i membri del CdA, i sindacati, gli esecutori testamentari, gli ex allievi, i dipendenti. Quindi preferiscono tacere. Tutti hanno avuto modo di toccare con mano che nel Villaggio si spendeva e si spandeva. E non paliamo delle assunzioni.
Tutti responsabili, quindi nessun responsabile?
No. Chi ha taciuto ha favorito lo sfascio. Posso raccontare una storiella?
Prego…
Conoscete il «Principio della rana bollita» del filosofo americano Noam Chomsky? Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola. L’acqua si riscalda pian piano e diventa tiepida. Ma la rana trova la temperatura gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale e l’acqua diventa calda, un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, ignora i pericoli, ma continua a nuotare. Poi l’acqua diventa davvero troppo calda: la nostra rana la trova molto sgradevole, ma è troppo indebolita e non ha più la forza per reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Alla fine, la temperatura sale ancora e la rana finisce bollita.
E’ chi è la rana, nel nostro caso?
I dipendenti, i sindacati, i sindaci, i politici regionali garanti e garantisti e tutti gli amici dei Legionari. Il pentolone è il Villaggio e il fuoco accesso sono i debiti in costante incremento negli ultimi 15 anni.
Può essere più chiaro?
Un tempo qualche buon amico del Villaggio mi disse: «Hai ragione le cose non vanno bene, ma finché ci danno stipendio». Ecco questo è il principio della rana bollita.
Quindi chi lancia appelli alla solidarietà finge di ignorare le vere cause?
Esattamente, Si continua, addirittura a procedure fallimentari in corso, ad evitare il vero confronto sui problemi reali. E c’è qualcuno che lancia appelli sempre gli stessi da due anni: più soldi della Regione a tutela delle falle. Intanto l’acqua bolle…
Allora scoperchiamo tutto: cosa bolle nella pentola del Villaggio?
Un brodo di debiti (24 milioni di cui 12 con l’erario). E dentro c’è un patrimonio immobiliare, che nella migliore delle ipotesi, non copre nemmeno il 50 per cento della condizione di insolvenza. E tutto è condito con la solita bugia: si invoca don Salvatore e il suo Villaggio quando l’ex Ipab è stata dismessa nel 2014. Sta fallendo il Villaggio nato nel 2014. Aspetto che qualcuno, carte alla mano, mi smentisca.
Ma cosa è diventato il Villaggio?
L’esatto contrario di quello pensato e costruito da don Salvatore. Non lo dico io, lo scrive il dott. Gianpiero Scoppa presidente della Terza sezione civile del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: «Si dà atto che la fondazione è articolata in una pluralità di distretti e che, oltre al polo socio-assistenziale, vi è un polo scolastico, un polo universitario, un polo di alta formazione e un polo congressuale». L’originaria missione del Villaggio è del tutto marginale o residuale. Lo dice il Tribunale. Tanto che il presidente Scoppa scrive a chiare lettere che il solo «polo scolastico è indiscutibilmente un’attività di impresa», gestita con retta basata sull’Isee delle famiglie. Altro che assistenza. Analoghe considerazioni imprenditoriali sono fatte per il «polo universitario», a maggior ragione del «polo di alta formazione» che comprende enti pubblici e imprese private. Lo stesso vale per l’Elea, nonché un centro di formazione accreditato dalla Regione Campania nel 2001 e il polo congressuale. Per farla breve, Scoppa spiega che «tali attività vengono svolte con criteri di economicità e che per esse viene redatto un unico bilancio, assicurando i costi con i relativi introiti». E poi chiosa: «La stessa composizione dell’indebitamento nei confronti dei debitori, dipendenti ed Erario (anche per Irap e Ires) evidenzia le connotazioni tipiche di un’attività di impresa che opera sul mercato per il reperimento della relativa clientela».
Quindi sta fallendo un’impresa non il Villaggio di don Salvatore (ex Ipab) ente di assistenza?
Esattamente. E questo nessuno lo dice. Aspetto di essere smentito carte alla mano. E per questa impresa privata si pretendono ulteriori rimesse pubbliche. Mi domando: ma tutte le scuole private, le aziende scolastiche e sociali, in caso di fallimento, verrebbero finanziate o salvate con i soldi pubblici? E se non accade, perché al Villaggio si e agli altri privati no? Di tutto questo non se ne parla. Ci si appella ai buoni sentimenti e alla pappa del cuore. Credo che Maddaloni e i maddalonesi debbano sapere la verità. Credo che la città al Villaggio abbia dato tanto, forse troppo. Tocca alla città giocare un ruolo fondamentale e decisivo in questa vicenda.

bocchetti