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Vi presentiamo l’intervista rilasciata dal capo della Polizia Franco Gabrielli, al giornalista Sergio Nazzaro, specializzato sul tema della criminalità, nell’ambito di una ricerca svolta per il Centro studi internazionale Global initiative against transnational organized crime (Iniziativa globale contro il crimine organizzato transnazionale, Gi-Toc) sui rischi di infiltrazione delle mafie nell’economia, in Italia e all’estero, a causa dell’emergenza da Covid-19. In particolare il prefetto Gabrielli si è soffermato sulle motivazioni che hanno portato all’istituzione di una “cabina di regia”, un ufficio (Osservatorio permanente sulla criminalità della post emergenza) composto da rappresentanti di Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria, della Dia e della Direzione centrale per i servizi antidroga, che ha il compito di elaborare strategie di prevenzione e contrasto delle possibili infiltrazioni nel tessuto economico-finanziario post emergenziale anche attraverso software che consentano un’analisi predittiva di scenario. Perché il capo della polizia italiana ha sentito il bisogno in questo momento di pandemia, di istituire una cabina di regia? E quali sono le finalità? L´esigenza credo che nasca dall´esperienza. Nel senso che il nostro Paese in questi anni ha sviluppato una sensibilità che forse altri Paesi e altre organizzazioni non sempre apprezzano fino in fondo e quindi anche in virtù di quello che abbiamo imparato da situazioni analoghe, abbiamo probabilmente una  maggiore sensibilità rispetto ad altri. Questa sensibilità però si abbina necessariamente all’esigenza che il contrasto a queste forme di infiltrazione che riteniamo essere molto probabili si basa su un concetto che poi sottende alla principale attività criminale: ottenere un profitto illecito. In un momento nel quale l´economia legale sta subendo e subirà uno shock importante in cui si delineano due scenari significativi: da un lato il tessuto imprenditoriale ed economico subirà delle negatività. Molte aziende andranno in crisi e diventeranno obiettivi molto appetibili come già avvenuto in passato per organizzazioni criminali che dispongono di grandi quantitativi di denaro. Esse possono tranquillamente investire senza dover passare dai circuiti di credito legali.  Dall´altra parte, siccome l’Italia sta già immettendo denaro per cercare di sostenere l´economia, le organizzazioni criminali hanno tutto l´interesse a intercettare questi flussi. Un’altra elementare considerazione è che il contrasto non può non avere due momenti fondamentali: l´analisi del fenomeno e la predisposizione di una strategia per potere contrastarlo. L´analisi del fenomeno a sua volta non può non presupporre una corretta, coordinata e costante globalità di scambio di informazioni. In questo riguardo, il nostro sistema di sicurezza – spesso visto da chi non lo conosce come un sistema di troppi attori – è invece un sistema in cui la pluralità degli attori è un grosso elemento di forza. Il riferimento va a due principali soggetti che compongono il law enforcement nel nostro Paese: la Guardia di finanza e la Polizia penitenziaria. Queste sono due forze che, al di la delle due forze a competenza generale, hanno da un lato una forte capacità di penetrazione informativa di quello che avviene nel mondo dell´economia e dall´altro (la Polizia penitenziaria grazie alla legge 121 del 1981 è una forza di polizia a tutti gli effetti), tramite il comitato di analisi strategica antiterrorismo, di acquisire informazioni nell´ambito degli ambienti carcerari che molto spesso non solo sono ambienti criminogeni ma anche luoghi dove si fa la strategia criminale al di la di quello che avviene in circuiti più protetti e impermeabili alle influenze esterne. Per tutto questo, abbiamo ritenuto – nell´ambito della Direzione centrale della polizia criminale – di istituire una cabina di regia che è la direzione centrale all’interno della quale c’è tutto il sistema di relazione e di cooperazione internazionale dove confluiscono anche – ad esempio – Interpol ed Europol.
Quindi, una dimensione che è necessariamente nazionale ma che ha un grande attenzione alla dimensione internazionale. In conclusione, questa cabina di regia non è solo limitata alle componenti tipiche del sistema di law enforcement ma anche (e soprattutto) a tutto quello che è il mondo esterno, e quindi anche soggetti non istituzionali ma che sono nella condizione di fornire flussi di informazioni, conoscenze, e input soprattutto nella fase di analisi – fase propedeutica alla definizione della strategia di contrasto. Per quanto riguarda l’internazionalizzazione del contrasto alle mafie. Il problema è solo italiano o è a livello europeo? Sono le nostre mafie che “esportano” il problema in Europa o esistono anche altri gruppi che operano sul territorio europeo? Ormai la dimensione è internazionale, nemmeno solo europea. Una visione in termini analitici e strategici del fenomeno a livello europeo sarebbe un po’ – mutatis mutandis – una visione provinciale: la visione deve essere assolutamente globale. Per dirla alla Luigi XIV: sul crimine non scende mai il sole. Nel senso che si apre con la borsa di Tokyo e si chiude con quella di Melbourne. Le dinamiche criminali sono globali. Il tema del settore del cyber e transazioni economiche e finanziarie noi volutamente abbiamo dato questo taglio internazionale perché se oggi ci si limitasse a una visione territoriale nazionale avremmo una visione e quindi la capacità di sfruttare una strategia assolutamente limitata. Avverte attenzione/preoccupazione dalle altre Forze di polizia europee e internazionali per i rischi legati alla criminalità organizzata in questa pandemia? Assolutamente si, infatti in questo senso c’è un importante documento sulla pandemia che Interpol sta rendendo pubblico, sottolineando come le polizie siano un’ancora di salvezza, e che si rivolge a più di 190 Paesi. Il tema del contrasto alle organizzazioni criminali nel contesto della pandemia è dunque già all´attenzione delle polizie di altri Paesi. Poi è chiaro che ci siano sensibilità e interessi diversi. Su alcune questioni ci sono anche Stati sovrani che giocano partite che non necessariamente collimano con l´interesse di tutti. Tuttavia, il fatto stesso che Interpol sia intervenuto sottolinea come la sensibilità a questo tema non sia un fatto locale. Come capo della pubblica sicurezza in Italia, quali sono gli aspetti a cui lei sente di dare maggiore attenzione in questa fase emergenziale in merito al contrasto delle mafie? Un aspetto come quello che riguarda le tensioni sociali deve essere anche visionato. Anche perché, come l´esperienza ci insegna, le mafie hanno anche bisogno di consenso. Molto spesso il consenso si radica nel territorio, quindi nella loro storia le mafie si sono poste sempre come una modalità alternativa alle istituzioni dandosi anche la rappresentazione di soggetti affidabili e credibili. C’è quindi anche un tema immediato di quelle che possono essere delle spinte sotto il profilo delle tensioni sociali. Poi, tra i motivi della creazione di una cabina di regia che tenga conto di tutte le informazioni e le esperienze del passato, ci sono le strategie di come le mafie andranno a intercettare quella parte di economia fortemente debilitata e fagocitata e le modalità di come andranno a intercettare i flussi di denaro che istituzioni nazionali e internazionali immetteranno nel circuito non solo per le persone fisiche ma anche soggetti economici del tessuto produttivo. I cittadini, seguendo le regole, sono chiusi in casa. Come posso essere parte integrante della strategia pur rimanendo chiusi in casa? Sul versante delle mafie, il contributo dei cittadini sarà sempre crescente. Questo anche in virtù delle esperienze precedenti in cui alcuni fenomeni sembravano essere fenomeni lontani e poi invece ci siamo accorti che in regioni del Nord Italia come Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna si sono ritrovati individui con le valigette piene di soldi e che le aziende locali hanno visto come una opportunità di dare ossigeno alle proprie attività forse anche poter garantire riprese economiche in determinati settori che non riuscivano a sopravvivere tramite circuiti di credito legali. Date queste esperienze passate, la guardia deve essere alta, e quindi tutti coloro che abbiano la possibilità devono capire che ciò che spesso può apparire come una scorciatoia è invece una modalità con la quale si finisce male. Non è la risoluzione dei problemi ma l´inizio di un percorso che porta all’usura. In questo senso, speciale attenzione va alle piccole e medie imprese che se non saranno adeguatamente aiutate saranno facile preda delle organizzazioni criminali.
 
Fonte: Sala Stampa Polizia di Stato

Redazione On Line