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Al termine di una complessa indagine avviata alla fine del 2020 e coordinata dai Magistrati
della locale Procura della Repubblica – Dott. Francesco CALECA (Procuratore
Aggiunto) e Dott.ssa Elena CARUSO (Sostituto Procuratore), i militari del Comando
Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna hanno sottoposto a sequestro preventivo,
su provvedimento del G.I.P. del Tribunale – Dott. Sandro PECORELLA, disponibilità per
un valore di 6,5 milioni di euro riconducibili a un noto imprenditore modenese, patron della
squadra di calcio di “Serie A” Hellas Verona Football Club S.p.A., indagato per
appropriazione indebita e autoriciclaggio.
Il provvedimento cautelare scaturisce dalle risultanze degli accertamenti condotti dalle
Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna sulle vicende di due
società bolognesi rientranti, nel recente passato, nella catena di controllo della società
calcistica, nei confronti delle quali erano state emesse sentenze di fallimento
successivamente revocate, all’inizio di quest’anno, in sede di reclamo.
All’esito di approfonditi riscontri, che hanno consentito di ricostruire, minuziosamente, flussi
finanziari e operazioni societarie stratificatesi nel tempo, è emerso che la partecipazione
detenuta dalle due società nella Hellas Verona era stata oggetto, negli anni, di vorticose
operazioni di cessione infragruppo e rivalutazioni (anche grazie al coinvolgimento di
società estere) che ne avevano strumentalmente e ingiustificatamente incrementato il
valore.
È stata inoltre individuata una sofisticata operazione di autoriciclaggio per ben 6,5 milioni
di euro, importo illecitamente sottratto dall’indagato alle casse della società calcistica
sfruttando il suo doppio ruolo di amministratore e socio unico. Tali ingenti somme sono
state quindi impiegate, indebitamente, per portare a compimento un articolato piano di
ristrutturazione di una delle due società bolognesi volto a scongiurarne il fallimento, dal
quale sarebbe potuto derivare lo spossessamento della società di calcio, vale a dire
dell’unico, vero asset produttivo dell’intera catena di controllo sopra menzionata.
Attraverso una vera e propria operazione di “maquillage contabile”, l’imprenditore ha cercato
di celare l’origine delittuosa delle somme di cui si era appropriato indicandone in diversi
documenti bancari e contabili la provenienza da una distribuzione di “dividendi”, sebbene si
trattasse, in realtà, di una disponibilità finanziaria accantonata in bilancio quale “riserva di
versamenti soci in conto futuro aumento di capitale”, di per sé non distribuibile.
L’operazione testimonia ancora una volta l’attenzione che, da sempre, la Guardia di Finanza
ripone nella tutela dell’economia legale, a garanzia dell’imprenditoria sana e rispettosa
delle regole e a contrasto di quanti, invece, avvalendosi di strumenti fraudolenti sempre più
complessi, sofisticati e insidiosi, puntano a realizzare ingenti profitti in spregio alle norme di
riferimento.

Redazione