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Sono stati fatali i postumi di una polmonite al super boss Raffaele Cutolo, il camorrista per eccellenza, fondatore della Nuova Camorra Organizzata nonché nome che più di tutti è stato sinonimo di sangue, morte e criminalità, parole e paure che per oltre un decennio hanno investito la Campania e non solo. Le condizioni de “’O Professore” sono iniziate a peggiorare una ventina di giorni fa facendo debilitare ancora di più il suo fisico già provato. Cutolo è morto a causa di una setticemia al cavo orale. Da qualche giorno i sanitari avevano avvisato il suo avvocato, Gaetano Aufiero, sulle poche speranze di vita. Sembra che il boss fosse arrivato a pesare poco più di 40kg e che avesse gravi problemi di ossigenazione a causa di una polmonite bilaterale. La scorsa estate gli ultimi provvedimenti di giustizia a suo carico con il Tribunale di Sorveglianza di Bologna che aveva deciso di lasciarlo al 41bis, rigettando la richiesta di arresti domiciliari. Raffaele Cutolo non si era mai pentito e per i giudici la sua pericolosità era rimasta intatta nonostante le precarie condizioni di salute. Era nato ad Ottaviano nel 1941, era detenuto ininterrottamente dal 1979. Nel 1983 sposò, nel carcere dell’Asinara, Immacolata Jacone. Nel 1963 il suo primo omicidio proprio nella città natale. Un delitto d’onore, per difendere l’amata sorella Rosetta dai pesanti apprezzamenti di un giovane. Due figli: Roberto, nato da una breve relazione, morto nel 1990 a 28 anni, e soprattutto Denise, “la figlia vista crescere dietro il vetro”, nata da una inseminazione artificiale, oggi quattordicenne.

Uno scatto durante un processo a metà anni ’80

Libri, film, canzoni, reportage e centinaia di articoli. Prima di “Romanzo Criminale” e “Gomorra”, il mondo dell’intrattenimento ha parecchio subito il fascino del male di Raffaele Cutolo. Nessuno lo ha trattato come un santo ma in tantissimi non hanno saputo fare a meno di attingere dalla sua storia criminale. Impossibile non mettere al primo posto il film “Il Camorrista”, ancora oggi multireplicato dalle televisioni regionali e, nell’immaginario collettivo, manifesto dell’orrore cutoliano. Film tratto dal libro-reportage di Joe Marrazzo, con la regia di un Peppuccio Tornatore ancora non Premio Oscar e l’interpretazione glaciale di Ben Gazzara. Un titolo-cult datato 1986, che forse non è riuscito nell’intento di insegnare ai giovani a non intraprendere certe vie ma che ha mitizzato un po’ troppo quell’epopea criminale. Ancora oggi la leggendaria colonna sonora di Nicola Piovani, che nel 1999 porterà a casa l’Oscar per le musiche de “La Vita è bella”, suona su molti smartphone. Ebbene sì, “Il Camorrista” è stato la “palestra” di due future eccellenze del nostro cinema. La frase simbolo? Difficile da stabilire ma “’O Malacarne è nu guappo ‘e cartone” è sicuramente sul podio.

Nel marzo del 1986 il grande Enzo Biagi, porta le telecamere di RaiUno nelle aule di tribunale per intervistare “’O Professore ‘e Vesuviano” dietro le sbarre nel corso del programma “Spot”. Un’intervista passata alla storia con Biagi che tocca tanti temi: la prigione, la droga, il cristianesimo, i pentiti. Cutolo regala un mini-show perfettamente a suo agio davanti alle telecamere. “Ho regalato tanti sorrisi a chi ne aveva bisogno ma non sono uno stinco di santo, ho fatto piangere a chi mi ha fatto del male…”. Fu questo uno dei passaggi che più rimasero impressi di un reportage che possiamo rivedere in questo estratto video.

A ben trentuno anni dalla sua pubblicazione, non esiste una certificazione ufficiale su una delle perle di Fabrizio De Andrè, quella “Don Rafaè” che Faber scrisse con due grandi amici come Massimo Bubola e Mauro Pagani. La canzone era nella tracklist dell’album “Le Nuvole” del 1990, ma gli autori non hanno mai dichiarato alcun parallelismo tra il testo e la vita di Cutolo. Per De Andrè la canzone era solo un manifesto di denuncia sulla situazione delle carceri con lo Stato che si sottomette alla criminalità. La storia del brigadiere Pasquale Cafiero che si rivolge al famoso boss per di intercedere affinché il figlio trovi il tanto agognato “posto” di lavoro. Fabrizio De Andrè, spronato sull’argomento, disse una volta di essersi ispirato al “Sindaco di Rione Sanità” di Eduardo De Filippo ma, “Don Rafaè”, con la descrizione della vita agiata condotta dal boss all’interno del carcere e quel “cappotto cammello che al maxi processo eravate il più bello”, non può che rimandarci alla figura del criminale che tanto piaceva alle telecamere.

Quasi incalcolabile il numero di libri, saggi e raccolte di articoli dedicate a Raffaele Cutolo. Oltre al già menzionato Joe Marazzo, citazione d’autore per il giornalista Bruno De Stefano, autore di tantissime opere dedicate alla criminalità e ai suoi volti storici spesso diventate best sellers. Un ampio capitolo dedicato al fondatore della Nuova Camorra Organizzata è presente nel libro “I Boss che hanno cambiato la storia della malavita”. Coraggiosissimo e molto apprezzato, infine, il recente cortometraggio “Denise, al di là del vetro”, diretto dall’attore Gianfranco Gallo. Un lavoro che non indaga sulle vicende criminali e giudiziarie ma, mette in risalto la vita di un’adolescente (Denise Cutolo, appunto) con tanta voglia di normalità. Un’opera forte che il suo autore ha voluto condividere maggiormente con i giovani studenti. Cinema, documentari, interviste, libri, musica: le forze del male già parecchi decenni fa trasformavano la malavita in momenti di intrattenimento. Con buona pace di chi ha la memoria corta…

Il grande inviato RAI, Joe Marrazzo, autore del libro dedicato al Boss
Vincenzo Lombardi