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Nella nostra rubrica Fresco di Stampa proporremo ogni settimana libri recenti, nuovi e nuovissimi di autori locali, contributi letterari e tanto altro, grazie alla collaborazione con la Spring Edizioni. Oggi leggiamo un estratto dal libro Il Fiume Narrante, di Mario Luise.

Per via del Coronavirus, finalmente ci si interroga, a livello mondiale, sul rapporto con l’ambiente e sul distorto tipo di sviluppo che in tutto il mondo ha caratterizzato la nostra epoca. E per un lunghissimo periodo. Ora l’equilibrio tra noi e la natura si è rotto irreparabilmente, e il pianeta ci si rivolge contro. Scopriamo, e riscopriamo, che altri sono i valori, la cultura necessaria per vivere, e altri ancora debbono essere i rapporti sociali tra le popolazioni della terra. Si è capito che da soli non ce la faremo ad uscire da questa pandemia, ma dobbiamo sperare che a livello globale ci si convinca, definitivamente, che le politiche di sviluppo nei vari paesi, non possono essere perseguite in danno dell’ ambiente e dell’uomo contro l’uomo, e senza una visione globale. Da soli non ci si salva. Queste cose io le so perché me le disse il “dio Volturno” che, per essere una divinità, parla il linguaggio della verità.

Mario Luise

UNA DIATRIBA NOTTURNA

Avevo gli occhi stanchi: ero stato a scrivere fino a tardi. Messo il punto dopo la traduzione del brano del poeta latino P. PStazio, avevo cliccato su “Salva” e spento il computerEro contento di essere vicino alla fine del libro. 

Andai a letto pensando alla mitologia greca, a quella latina, e alla necessità dell’uomo – di ieri e di oggi – di legarsi al sovrannaturale. Mah! Dormiamo… Spensi subito il televisore, altrimenti l’avrei lasciato acceso fino al mattino. 

...“Et nunc limite me colis beato… Et nunc limite… beato… Et nunc… beato… pudorem…”. 

«Expergisce! Expergisce!»– 

-«Chi è?… Chi è?»- dissi spaventato 

«Sum in magno nomine… Surge!»– 

-«Eh, no! – dissi – che modi sono questi?! Con la paura che ho preso, adesso ci mettiamo a parlare pure in latino… Tu chi sei?»- 

«Bene! Igitur! D’accordo, parliamo la tua lingua “volgare”», rispose lo sconosciuto. E di rimando: 

«Toglimi una curiosità: com’è che non mi capisci. Tu non hai fatto il classico e studiato il latino e il greco? Conosci anche i versi che il poeta Stazio mi ha dedicato…»- 

-«Adesso non andiamo a rivangare il passato… Che vuoi? Chi sei? Qual è questo tuo grande nome?»-

-«Davvero non mi riconosci?»- 

-«Ti vedo immenso… Non sei una persona normale. Sei… statuario! Anche se a guardarti bene in viso… Sì! debbo averti visto… Ci sono: sei il dio Volturno!»– 

-«Finalmente! Stavo per offendermi… Ma come? dicevo, mi conosce da che era bambino… Da grande mi ha anche tirato fuori da un fosso, salvandomi da un oblio imperituro; mi è venuto a trovare tutti i giorni nel nosocomium, fino a quando non ho recuperato la bellezza del mio viso… 

Non solo, mi ha pure assegnato, con grandi festeggiamenti, un posto d’onore nella casa comunale…  

E ora non mi riconosce più?!»- 

-«Ecco svelato l’arcano: vedi, sia nelle foto (una la tengo nello studio!) e sia dove sei scolpito nel marmo, io ti ho visto sempre e solo in faccia. Conoscevo unicamente la testa. Ora ti vedo tutto intero. Bello! Come non mai…»- dissi assecondando una sua vanità, colta al volo. 

-«È chiaro! Questa è la caratteristica di noi dei. Ed io, non faccio per vantarmi, ma in quanto al fisico, non sono stato mai secondo a nessuno. 

…Ora, purtroppo, sto male. Nel corpo e nello spirito. E siccome tu sei mio amico – e sei stato anche sindaco del tuo Comune – sono venuto apposta per parlartene. La cosa è molto seria. Perciò, ascoltami con attenzione»-. 

Attimi di attesa. 

-«Da troppo tempo mi ritrovo in un gruppo di dei che non se la passano bene: Cerere, Pan, Elios, Nettuno, Eolo… Solo per fare qualche nome del nostro settore. La nostra vita è diventata insostenibile»- 

-«Perché?», dissi già intuendo la risposta. 

-«Il perché dovresti saperlo bene. Non vedi l’attacco micidiale che gli uomini hanno sferrato contro la natura, e che si riversa soprattutto su di noi, suoi diretti custodi? Rischiamo di essere estromessi dall’Olimpo per cattiva gestione. E poi di scomparire»- 

-«Capisco! – dissi con partecipazione – È come dici tu. Purtroppo questo è il risultato di una politica di 

aggressione scellerata e distruttiva..I responsabili sostengono che è il prezzo inevitabile da pagare per il benessere dei paesi sviluppati: crescono i bisogni, e la produzione dei beni deve necessariamente aumentare… dicono»- 

-«Ad onta della natura?! E voi, ovviamente, siete tutti d’accordo!»- 

-«Niente affatto! C’è, per fortuna, una visione diversa e alternativa dello sviluppo, e c’è chi si batte nella speranza di riconvertire le attività produttive incompatibili con l’ambiente. 

…Col tempo dovremmo avere – speriamo presto – una economia eco-compatibile»– 

-«Col tempo?! È un’espressione che oggi mette paura! No! No! Per noi non c’è più tempo! Il nostro tempo non è come il vostro. È immanente, rapportato alle cose: se esistono le cose, esistiamo noi; se le cose svaniscono, finisce anche la nostra esistenza. Ed io specialmente – che mi identifico nel fiume e nel suo tempo – sono tra quelli che per colpa vostra, per la vostra incuria, rischiano la vita.

…I guai che mi avete procurato voi, mi hanno distrutto! Sono allo stremo, e senza alcuna fiducia nell’avvenire. Ormai: Vale… dio Volturno!»– 

Mi sentii sotto accusa, responsabile per me e per gli altri, del suo malessere e di quello dei suoi amici dell’Olimpo. 

-«Dimmi: se capisco bene, anche gli altri dei si sono, per così dire, mobilitati?»- 

-«Certamente! Siamo impegnati in tutto il mondo. Dobbiamo fare di tutto per spingervi immediatamente a mutare il rapporto con l’ambiente: questo è l’unico modo per cercare di salvare l’esistenza di tutti noi. E anche la vostra»- 

Fui d’improvviso catapultato in un evento straordinario, mai verificatosi in precedenza. L’Universo!… L’Olimpo!… Gli dei ambientalisti!… Per Giove! – pensai – debbo essere all’altezza del mio ruolo di testimone locale e del prestigio del mio interlocutore. Comincerò dandogli prima delle spiegazioni alle accuse rivolte direttamente a noi. 

-«Ascoltami. – gli dissi – È vero! ci sono stati, qui da noi, periodi difficili per te. Poi, però, abbiamo fatto tutto il possibile per tutelarti – toglierti dai guai, come dici tu – e recuperarti ad una vita più integra, più sana. 

Non posso nasconderti nulla: tu eri la prima vittima di quella violenta escavazione… Però, anche se con grandi sacrifici, devi ammettere che, alla fine, l’abbiamo bloccata… Alla foce, purtroppo, ci sono voluti ancora più decenni. Ma pure lì abbiamo costruito delle scogliere per difendere te e la costa. 

…Poi, lo vedi tu stesso, lungo il muraglione ora c’è un bel Lungofiume; il tuo castello non è più nascosto e soffocato da costruzioni fatiscenti; c’è una bella villetta, graziose piazze…»- 

-«Vedo tutto. Però la verità è che io sto male. Non sono più me stesso. E, non offenderti: cos’è questo elenco di cose che mi snoccioli, di fronte a tutto ciò che mi avete fatto? Ora perfino la salute sto perdendo… Non starei qui se stessi bene, e se non avessi il fondato timore che le mie condizioni possano peggiorare. Ed essere, così, condannato alla fine della mia esistenza… 

…Già! Tu dici la sabbia. Lo sai che per me quel prelievo era come una continua emorragia? Che aspettavate? Quanto doveva durare? Un’eternità? 

…Anche ora avverto la presenza tossica di un ibrido di acque nelle vene. È come una metastasi sotto la falda. Il guaio serio è che nelle mie acque se non si prendesi scaricaDi tutto, anche persone assassinate! È questo il motivo della mia continua sofferenza. Di cui pagate le conseguenze anche voi. E il mare… 

Tu lo sai, vero? che la mia salute è benessere per voi tutti e per il vostro paese?!»- 

C’era da rimanere senza fiato. Che dire? dopo tante accuse precise, infilate, così, l’una dopo l’altra?

-«Sì! dissi timidamente. È verissimo tutto quello che dici! Ma l’inquinamento, per esempio, da tempo non è più procurato da noi, bensì dai paesi a monte, che non hanno gli impianti per depurare le acque di scarico»- 

…«Non si tratta solo dei liquami dei paesi – disse alterato – ma di ogni sorta di rifiuti! In particolare del materiale tossico e nocivo, scaricato lungo tutto il corso. Di giorno e di notte. Lo sai che sono considerato uno dei fiumi più inquinati d’Europa?3 

…Perciò io non riesco più a riprendermi da una intossicazione continua per tutto il corpo. È questa la causa principale del mio malessere! 

…Ma – aggiunse con improvviso tono interrogativo e piuttosto rancoroso – a parte questo: la cosa che non riesco proprio a spiegarmi, è come possiate ignorare le immense possibilità economiche che io vi offro… E che vi offrono il mare, il lago, e tutto il vostro territorio ampio e leggero sull’acqua di falda. Non vedete quant’acqua intorno a voi?! 

…Questo è un paese liquido, e la liquidità è la vostra essenza. È un bene! Ed è anche l’unica vostra naturale risorsa. Purtroppo l’avete dissipata e umiliata. Quante iniziative avreste potuto sviluppare sotto il mio patrocinio!… Lo sai che ho colleghi che sono fonte di grandi opportunità e di benessere, e hanno una salute da fare invidia?! 

Già! Chi li smuove dall’Olimpo, quelli là!»- 

Per un momento sembrò morso dall’invidia. Poi con voce di grande rammarico continuò a sfogarsi – senza darmi spazio per dire la mia – inseguendo, con gli occhi nel passato, i suoi tempi gloriosi, e disegnando, con la nostalgia, un grazioso affresco storico. Mi incantai! 

-«E pensare che i Romani – quando il tuo paese si chiamava “Volturnum”, cioè solo col mio nome! – costruirono un grande porto, proprio nei pressi della foce, per rifornire di provviste gli “horrea”, grossi depositi, attrezzati per ogni tipo di merce! 

…Un ponte, molto diverso dall’attuale, già consentiva il collegamento tra le due sponde e il traffico stradale. Non basta, perché i Romani s’inventarono anche la via fluviale. Così, da quel posto, le imbarcazioni cariche di grano, olio, vino, materiale da costruzione… partivano alla volta di Capua, dove una guarnigione stava edificando una roccaforte. 

…A quei tempi, quel porto era un attracco strategico per chi veniva dal Mar Tirreno. C’era anche una piccola darsena nella zona che oggi, non a caso, chiamate Mandracchio. Perciò Volturnum divenne un importante Fortilizio

…Ricordo che a difesa della città furono costruite due maestose Torri, che sovrastavano la Piazza d’armi, l’odierna piazza all’interno del Borgo. Solo molto più tardi, venne il castello: l’unico amico sopravvissuto, che sta male come me, o peggio, e al quale sono rimasto legato per sempre, anche dal toponimo… 

…Altri tempi! Allora sì che ero considerato! – disse sospirando -. C’era un traffico che oggi non potete immaginare. Barche che andavano e venivano tra solchi di onde chiare, trasparenti, pulite… Non come l’acqua di oggi, che non è più buona da bere, né per coltivare i campi, né per i pesci. Né per fare un bagno. Inquinata lungo tutto il corso! 

…Capisci il ruolo che ho avuto io? E voi, cosa avete fatto? Niente! Peggio: vi siete preso tutto quello che potevate. Ti rendi conto di quanto mi dovete? Ciò che si investe su di me, ricordalo, ritorna sempre!»- 

Nostalgia a parte, era un’altra interminabile filippica! Pensai al traffico dei barconi della sabbia. Tacqui, perché provavo vergogna. Poi pensai di rispondere, ma solo per alleggerire quella sorta di incubo: 

-«Sì, sì… Lo so, dissi. Però, a proposito della navigazione, se permetti, vorrei ricordarti una cosa – ormai il sonno era andato via! -, così, solo per testimoniare l’attenzione nostra nei confronti tuoi… cioè del fiume… Insomma… è la stessa cosa»-. 

-«C’è qualcosa che mi è sfuggita?»- 

-«Credo di sì. Ricordi il Cymba? Quel bianco battello che negli anni Novanta – intendo 1990 d.C.! – era attraccato nello stesso posto dove una volta si trovava il tuo antico Porto romano? Ebbene, era utilizzato proprio per fare escursioni lungo il tuo corso; per risalire verso la parte interna, quella zona più ignota, a destra del nostro punto di osservazione, di quando eravamo ragazzi. 

…Che emozione! Sul battello riprovavo antiche sensazioni, perché assistevo, con gli altri, alla magia, che solo tu sai fare, di conferire un particolare fascino a tutto ciò che si vede dal fiume. Si avvertiva, come se fosse la prima volta, l’ansia delle attese e delle sorprese, curva dopo curva, fino all’ampio rettilineo della foce… E poi il mare aperto… e l’orizzonte, finalmente vicino. Ogni cosa si esalta, guardata dal fiume!»- 

-«Sì, che ricordo! E mi dispiace angustiarti, perché vedo che t’infervori particolarmente a dimostrarmi che voi non mi siete stati del tutto ostili…»- 

-«È vero! – mi affrettai a dire con entusiasmo – C’è una grande passione in ciò che dico, e molto rispetto per te! Io ti conosco da ragazzo e, fatalmente, ti ho mitizzato. Doppiamente mitizzato. 

Infatti, quando il fiume… Ma, scusa – dissi interrompendomi – forse ti annoio con le mie suggestioni di ieri e di oggi?»- 

-«No! rispose bonario. Parla tranquillamente. Non temere né di annoiarmi né di apparire sentimentale nelle tue descrizioni della natura… Io ti conosco bene e ti capisco! Il fiume è anche la bellezza di ciò che lo circonda. Come potrei non capire queste storie, io che vivo nel segno dell’acqua?!»- 

-«Già, è vero! Io sono del segno dei pesci…»- 

Rinfrancato, continuai a parlare, in una notte in cui sogno e realtà si confondevano, e la mente oscillava tra due periodi, in un gioco che annullava il tempo. Il mio singolare ospite – che era partito “sparato” con una serie di accuse – ora mi sembrava meno adirato, e desideroso di capire il rapporto della gente con il fiume. 

Cercò, a fatica, di infilarsi nella poltrona, poi vi rinunciò e passò subito al divano. Si dispose come chi vuole ascoltare, quasi che il nostro colloquio e la notte non dovessero finire mai. 

Ero in trepidante attesa di una domanda, magari di un’altra accusa. Oppure di un suo antico ricordo comparativo. Invece, niente. Silenzio! 

Ne approfittai per ingraziarmelo ancora di più. 

-«Adesso – dissi con tono suadente – le iniziative prese per la tua valorizzazione, tutte assieme, disegnano nell’alba chiara, nel rosso del tramonto, e nella notte stellata, un panorama nuovo e suggestivo, dove si incontrano gli amici, gli innamorati, i turisti… E tutta la gente è felice d’esserci. Solo per ammirare te… Il fiume!»- 

Mi osservò con un sorriso bonario, come di chi la sa lunga, e più di te. Poi commentò: 

-«Noto pure, ma con piacere, che nelle tue descrizioni metti, oltre alla passione, addirittura il colore delle cose…»- 

-«Sarà proprio come dici tu! risposi. Forse dipende dal fatto che vivo intensamente il legame con le mie origini, fortemente radicate nel fiume»- 

Non disse altro. Tacque a lungo. Mi ero dato da fare per cercare di fronteggiare in modo decente la sua ira. Ma sentivo che qualcosa non andava. Non c’era un vero clima di intesa. Alternava lunghi sfoghi ad improvvisi silenzi. Forse proprio perché non si sentiva bene. E si vedeva che era preoccupato. 

Allora, come uno studente prima del voto, per conquistarmi un maggiore consenso, rilanciai con aria di sufficienza: 

-«Per narrarti tutto quello che è successo in questi anni, ci vorrebbe un romanzo!»- 

Sì! Sì! So tutto… A parte che ho buona memoria di me stesso e di tutto ciò che mi circonda, ho letto, pagina per pagina, tutto quello che fin qui hai scritto…»- 

-«Come?! No!!! Davvero?! Devo correggere ancora le bozze!» dissi alquanto contrariato, perché messo a nudo dalla sua arbitrarietà. 

Poi, rassegnato, aggiunsi: 

-«Non so nemmeno se, alla fine, lo pubblicherò questo libro…»- 

-«Non ti adirare! E non ti dare troppe preoccupazioni. Scrivi e pubblica sempre tutto: la narrazione è vitaE non c’è vita senza memoria. Guai a chi non ha nemmeno una storia da raccontare! Chi, come me, vive nel Mito, queste cose le sa!»- 

-«Ne convengo! risposi. Ma, sai?! sembra sempre che non ne valga la pena…»- 

-«Ti sbagli! Tutto è utile, specialmente se parli del tuo ambiente, della gente di ieri e di quella di oggi… Devi narrare anche le piccole cose, le più delicate e personali. Quelle che ti scoprono i sentimenti… E poi: che vorresti fare?! Dopo avere finalmente raccontato storie dal sapore umanoe ricostruito per intero la cronologia del dissesto che oggi affligge me e il resto del territorio, vuoi tenere il libro per te?! Allora sto qui per niente. Ma non sarà perché sei troppo perfezionista?!»- 

-«Che differenza fa?! – dissi a fior di labbra – Un libro in più… uno in meno…»- 

-«La differenza c’è, amico mio! C’è sempre chi ha interesse ad occultare la verità. Ti ripeto: devi continuare a parlare della natura, a scrivere delle cose che sai, delle tue esperienze. Castelvolturno è ormai di tutti, e tutti debbono conoscere questa realtà, a partire da quelli che vi hanno messo mano in modo sbagliato e violento. È necessario soprattutto per i ragazzi! Tienilo sempre a mente: non si crea il futuro senza la consapevolezza del passato»- 

Lunga pausa. Poi, con una faccia contrariata, come di chi ripensa alle cose dette, e vuole ritornare al punto di partenza, cambiò tono e disse: 

«Basta! Non posso consentirmi il lusso di parlare d’altro che non sia il male che mi avete procurato. Mi stai facendo cadere nella trappola della nostalgia e dei sentimenti. Non bisogna fidarsi di voi. Basta! Voi avete già deluso ogni aspettativa. Oramai, per l’avvenire, non ci resta che confidare nei giovani. Con tutte le nostre residue forze! Ti rendi conto dei guai procurati, nel corso del tempo, dalla tua generazione?! Voglio limitarmi solo al mio ambito: la verità è che non c’è stato mai un periodo simile! La natura non è stata risparmiata in niente!»- 

Che botta! Mi sentii investito come da un tuono, tanto che mi sembrò di perdere l’equilibrio. 

“Ci risiamo! – pensai appena mi ripresi -. Quando credi di averlo rabbonito, ti fa crollare di nuovo tutto addosso. E con che sentenza sommaria! A chi si riferisce quando parla di generazione: a quella locale o a quella globale? Meglio non chiedere!”. Ebbi un moto di stizza. 

-«Ascoltami! dissi. Hai mille motivi per lamentarti. Ma, a parte i nostri limiti, non ti sembra di esagerare con questa tua disistima nei confronti della mia generazione? Dopo tutto quello che ti ho appena raccontato! E quello che già hai letto! Questa, in fondo, di fronte alla globalizzazione, è solo una piccola realtà…»- 

Non mi diede il tempo di continuare perché subito, alzandosi in modo minaccioso, mi urlò in viso: 

-«Che dici?! Ti ho ascoltato bene, sai?! Non cambi mica le cose con questo tuo atteggiamento difensivo! Io contaminato ero e contaminato resto!… Poi, rimane il fatto che il disastro generale c’è: nel mare, nei fiumi, nei boschi… Dappertutto. Puoi dire di no?! E, allora, smettiamola con questo discorso abusato sulle piccole realtà! È un alibi per sfuggire alle responsabilità più grandi! La piccola realtà ti uccide, oppure ti salva. La soluzione dei nostri problemi, parte dalle infinite piccole situazioni locali, e poi si estende a tutto il resto. È un processo uguale e contrario a quello che ci ha condotti all’attuale situazione. 

…Lo stato di un granello di sabbia, di un alito di vento, o di una piccola goccia d’acqua, è sufficiente per capire il livello della crisi dell’intero pianeta. Guardate intorno a voi la gravità del vostro misfatto: un dramma in solo cinquant’anni. Mai avvenuta una cosa simile! C’è solo da vergognarsene!»- 

“Senti un po’ questo dio Volturno!” dissi tra me e me. “Ed io cosa sto a raccontargli?!” Anche stavolta non potevo dargli torto. Mi ero illuso di circoscrivere il problema all’impegno locale, e avevo dimenticato la gravità del motivo per cui era venuto in mezzo a noi con un’intera delegazione di “divinità” ambientaliste. 

“Per quanti fiumi ci sono sulla Terra – pensai – tanti dei! E uno ancora per ogni singola risorsa ambientale! Quanti sono! Da chi saranno andati? Ci doveva essere stato proprio un allarme nell’Olimpo. La mia conoscenza delle cose, di colpo mi apparve limitata. Improvvisamente avvertii intorno a me l’alito di vento, vidi il granello di sabbia e la goccia, di cui lui aveva parlato. Ed erano inquinati! 

Mi sentii, con tutti i miei pensieri, come in una tempesta. Sudavo. E non avevo nemmeno il sentore – vago e salvifico – di stare in un sogno. 

Era tutto reale! 

-«Chi ti può contraddire?! – ripresi abbastanza mortificato -. Posso solo dirti che alzi l’indice severamente contro tutto e tutti, in un’accusa indistinta: la tua generazione! 

…Ciò denota – permettimi – una conoscenza molto relativa, sia della vita che degli uomini. Da qui la tua totale sfiducia… E poi: parli come se fosse tutto facile, senza tenere in nessun conto il prezzo che si paga per affrontare i quotidiani contrasti tra di noi. Proprio per difendere la natura …Nonostante quello che succede, la maggior parte degli uomini è impegnata a vivere secondo una corretta etica sociale e ambientale!»- 

Mi fermai: volevo assicurarmi della sua attenzione. Mi guardava accigliato e incuriosito. Continuai, perché ero convinto d’avere ancora qualche argomento di difesa a mio favore. 

-«Anche qui, sai? c’è stata una lunga lotta a difesa dell’ambiente, contro l’abusivismo e l’illegalità che l’accompagna. Tu, forse, ignori che il tuo problema qui si mescola in un grumo di tanti altri avvenimenti, che non sono di tua pertinenza.

…Devi sapere, per esempio, che l’escavazione della sabbia lungo l’intero tuo corso, come nella zona dei Mezzagni, e finanche le escursioni del battello fluviale, sono state al centro di uno scontro con la camorra. 

La conosci tu, la camorra?»- dissi spendendomi tutto. 

-«Sì, che la conosco! E per esperienza diretta. Poi, mi sto aggiornando con quello che stai scrivendo! 

Che volete? Se non curate a dovere il vostro giardino e lo abbandonate alle invasioni e alla devastazione, è chiaro che tutti i fiori vanno in malora. Vi restano le spine e la malerba…»- 

“È implacabile questo dio Volturno!” mi dissi. “Mi stringe da tutti i lati, mi rovista dentro, e con una battuta distrugge tutti gli sforzi fatti finora”. 

Mi ero innervosito. Stavolta ero turbato, innanzi tutto, dall’accusa d’incapacità a fronteggiare la malavita. Allora mi decisi a proseguire: 

-«Se anche un dio come te dice che sta per perdere la speranza, sapessi come mi sento io, adesso che il mio paese sembra l’emblema dello sfascio e dell’illegalità, a causa della camorra! … Lo sbandamento della gente è pauroso. È come stare in una Torre di Babele. Sembra che nessuno qui abbia mai lottato. Ogni cosa viene travolta dagli eventi, a cominciare dall’orgoglio e dalla dignità della gente. Tutto precipita in un altro degrado: quello umano»- 

Aria triste, pensierosa, da parte di entrambi. Allora, riprendendo: 

-«È rabbia… Scusami. Forse questo a te non interessa, perciò i tuoi giudizi sono così sbrigativi. Per me, invece, è come vedere scomparire un mondo. L’avevamo sognato tanto diverso, questo paese!»- 

Poi, per non farmi prendere dallo sconforto e dalle sue continue provocazioni, agevolato dall’arbitrio del sogno, feci una digressione, un lungo passo indietro: ai tempi di una volta. 

-«A proposito di scomparire… vedi, a volte il tempo è tiranno! Non c’è solo la vostra precarietà, ma anche la nostra. Il nostro tempo non è nemmeno legato alla vita 

delle cose: è breve e imprevedibile. …Molte persone che ho ricordato nella prima parte del libro, che già hai letto, non ci sono più. Sono morte, scomparse per sempre! Tante cose sono mutate nella vita di tutti noi, da quando ci siamo conosciuti… Io stesso, non sono più quel bambino che per incantarsi alla finestra, gli bastavano cento metri di fiume. Il mondo cambia, e svanisce anche il fascino delle cose» 

E lui, di colpo, cambiando discorso: 

-«Mi hai parlato solo delle piazze, del lungofiume, delle case fatiscenti, e non pure del castello… Perché il castello è da anni senza il tetto, imprigionato tra quei tubolari e tanto ammalorato da crollare da un momento all’altro? E come mai anche il Borgo ha perso ogni fisionomia ed è ridotto ad un ammasso di macerie? Altro che recupero! Nessuno fa niente? Vi dovreste vergognare. Non sono mai stati in queste condizioni. Hai anche qui una arringa difensiva da contrappormi?» 

-«No, assolutamente. Sono adirato anch’io, non riesco a far sbollire la mia rabbia, che aumenta di giorno in giorno. Non trovo un senso logico a questa devastazione del patrimonio pubblico, recuperato e perso, senza che nessuno paghi. Insipienza? Inadeguatezza? Oppure l’obiettivo di distruggere tutto? Non me lo spiego. 

…Lo so, a guardarli con realismodebbo ammettere, con dolore e scorno, che oramai ci troviamo di fronte a dei ruderi che hanno perso i pregi della loro epoca.  

E pensare che, oltre ai nostri premurosi e continui interventi di manutenzione, si erano create le condizioni per restaurarli definitivamente, utilizzando il risarcimento per danni ambientali a favore del Comune…». 

[…]

Se avessi continuato a parlare del castello e del Borgo, mi sarei commosso, e sarei caduto in una grande contraddizione, perché le accuse e l’ironia del dio Volturno erano giustissime, anzi, direi, inferiori alle mie. E poi, dove sarei andato a parare? Sicché per trarmi d’impaccio, con un inevitabile automatismo digressivo, aggiunsi: 

-«E chissà quanto tempo ancora occorrerà per il tuo disinquinamento, per quello del mare… »- 

-«Piano… Piano! Mi sento venire meno a sentirti parlare di anni e anni, di tempi lunghi e improbabili, e di vedere vestigia non più riconoscibili perché ridotte a relitti»- disse sconsolato il dio Volturno. 

-«No! Non fraintendere il mio pensiero. Intendo dire che malgrado il lungo tempo che passa e le delusioni, non si demorde mai… Tu non sarai abbandonato», dissi per uscire dal mio disagio. 

-«Allora dobbiamo essere ottimisti?!» disse il dio Volturno, mostrando un evidente sconcerto. 

-«Certamente! Perché, al di là del doloroso e freddo realismo, a me sembra che nel castello e tra i vicoli del Borgoanche se così malridotti, aleggi sempre un’anima. Non riesco proprio a considerarli macerie, relitti di cui liberarsi! E come me, tanti altri… A differenza di chi in quell’area, se avesse avuto campo libero, già da tempo avrebbe costruito palazzoni con “vista sul fiume”»– 

-«Non capisco questo tuo realismo che appare e scompare»- disse il dio Volturno, confuso dal mio ragionamento, ma teso anche ad indagare meglio nei miei sentimenti. 

-«È una reazione umana – dissi – che forse tu non puoi comprendere, che a dispetto della amara realtà, fa sempre prevalere la speranza su ogni cosa, e il valore intrinseco delle cose. In questo modo si rigenera lo spirito di difesa della natura, che tu auspichi. E ci si batte ancora e sempre, a salvaguardia del paesaggio, dell’arte, delle tracce del nostro passato, e della memoria… Come è successo con te, per il tuo ritrovamento e per il tuo restauro. 

…Lo sai che tu vivrai tanto ancora, e più di noi?»- dissi per carpirgli un cenno di assenso. 

Aspettai la sua replica, pur sapendo di averlo messo di fronte ad una logica tutta “terrena” eforse, troppo personaleTuttavia, non poteva assolutamente trascurare il mio riferimento all’impegno, alla “lotta”, spesso evocata nel tentativo di recuperare la sua fiducia. Mi sembrava un richiamo irrinunciabile per tranquillizzarlo. Oppure era solo un concetto legato al mio retaggio politico? E poi, al di là dei risultati, e anche del mio scontento, cos’altro c’è da fare, se non lottare? 

Lui scosse la testa con un’aria enigmatica. Si alzò dal divano, e respirò profondamente prima di parlare. Anzi sbuffò. 

-«In tutto quello che ho sentito c’è qualcosa che, per me che vengo dall’Olimpo, è assolutamente incomprensibile. Non ha molto senso»- 

Stetti zitto: che dovevo dire? Notò il mio disagio, e continuò: 

-«Voi uomini, mi sembrate solo degli autolesionisti, impegnati a giocare alla guerra tra di voi, in un modo ripetitivo, incoerente e alquanto stupido. Non fate tesoro nemmeno dell’esperienza. Non riesco a capire perché deturpate il luogo in cui vivete se sapete che, subito dopo, ne ricaverete solo un danno. Vi rendete conto che vivete male?! Ma, dico io: invece di impegnarvi nel risanamento, perché non sviluppate la cultura del rispetto della natura? Vi verrebbe più facile programmare ogni intervento in armonia con l’ambiente, senza dover correre ai ripari. La verità – disse con l’aria di chi vuole ridurre all’essenziale una discussione – è che avete smarrito il senso di ciò che è bello. Non vedete più l’armonia delle cose, il meraviglioso che c’è tra cielo e terra. Perciò nascono gli egoismi e le vili aggressioni contro la natura. Se manca la cultura della bellezza, le vostre famigerate lotte, non vi aiuteranno, perché non finiranno mai»- 

Sembrava spazientito. Poi, come tra se stesso: 

-«Mi debbo rassegnare! Vi siete abbrutiti. È questo il problema! Siete diventati barbari! Perciò le cose belle sono il vostro bersaglio. Così ridotti, non c’è modo di farvi cambiare stile nei confronti della natura. Non ci provo nemmeno più!»- 

Poi, come se volesse confermare il giudizio, ma sempre a se stesso: 

-«È così! Ma, che gente siete diventata?! Che paese è questo?!»- 

Si lasciò cadere sul divano con la faccia sconfortata e le braccia afflosciate fino al pavimento. 

“Ci si mette pure lui, adesso, con le sue critiche! Come faccio – pensai – a riproporre la discussione sui tanti illeciti profitti che si realizzano proprio contaminando e sfruttando la bellezza della natura? Il dio Volturno ha ragione: mette le cose sul piano di una logica pura, lineare, universale. E non tiene conto che noi siamo conflittuali proprio perché non abbiamo una comune cultura. È vero: l’equilibrio del passato è andato in frantumi. Ma per ricostituirlo non esistono interventi taumaturgici, improvvisi cambi di 

cultura. Il dio Volturno non accenna affatto al sistema delle leggi, alla loro inadeguatezza e alle loro lunghe scadenze. Ignora lo Stato di diritto. Punta unicamente sulla ragionevole pretesa di un’inversione, ravveduta e pacifica, del rapporto tra l’uomo e la natura… Forse nemmeno nell’Olimpo c’è questa idilliaca possibilità! 

Che fare? Gli dico ancora che la vita è una lotta continua? Gli parlo della camorra e della speculazione? E poi, perché mi mortifica? Conosce pure tutte le mie amarezze. Non le ha lette?” 

Sapevo del significato del mare nell’interpretazione freudiana dei sogni, ma non pensavo di cadere nel gorgo del fiume e di sentirmi perso. Mi feci coraggio, nel tentativo di riemergere dal buio profondo. Tagliai corto, per non sentire più le sue accuse. Allora feci una virata – di quelle tipiche dei sogni – allo scopo di trovare una via d’uscita, e di sfuggire alla sua dialettica “olimpica”. 

-«Nel bene e nel male, questi siamo! Questo è il mondo nel quale ci dibattiamo… E questo è il mio paese. E qui, a tutti i costi, vogliamo vivere. Anche se, come dici tu, questo luogo sarebbe solo un pezzo di una realtà più grande e impazzita, la scheggia di uno specchio rotto. Bene! Vuoi sapere la mia personale opinione?»- 

-«Sto qui solo per questo!»- disse pungente. 

-«Allora, bando alle chiacchiere! Ecco: alla fine, penso che sia meglio guardare alle cose con gli occhi innocenti e appassionati di un bambino, che vede un immenso territorio e un magico fiume risanati, un bellissimo Borgo con vicoli e case restaurate. E un misterioso e robusto castello, magari minacciato da draghi e streghe… Questo ci aiuterà a recuperare il nostro passato e quello delle cose che ci circondano, e a non demordere per il futuro. 

…Anche perché i draghi e le streghe, sotto altre forme, come hai visto, ci sono stati e ci saranno ancora. Sempre più pericolosi. Ma non dobbiamo spaventarci. Perciò, a proposito della scarsa considerazione che hai di noi, ci tengo a ribadirti che ci sarà sempre chi continuerà a battersi per il paesaggio, e ad emozionarsi di fronte ai segni del passato. Belli o brutti che possano sembrare agli altri. E a te. 

…E voglio ancora aggiungere – a costo di apparire un inguaribile idealista – che gli uomini, alla fine, hanno dalla loro l’utopia, che sopperisce ad ogni sconforto, specialmente quando il futuro è realisticamente compromesso: è l’unica risorsa dinamica per un mondo migliore. Andremo sempre avanti con fiducia»- 

Lo guardai di traverso, consapevole della mia difficoltà a mettere ancora a confronto i nostri punti di vista. Avvertivo un forte senso di colpa, sì, proprio generazionale! rispetto ad accuse molto gravi. Che, francamente, erano incontestabili. 

Mi sentivo come uno che si era arrampicato sugli specchi. Per difendere chi? Me stesso? Il nostro modo di vivere? La mia generazione? 

Ci fu ancora una lunga pausa, che non mi sorprese. Ne approfittai per azzardare una piccola chiosa, per me essenziale. 

-«A proposito della bellezza, devi sapere che gli uomini che amano la natura e le cose belle, sono tantissimi. E disposti a tutto. Perciò, non andare via deluso. Porta con te la certezza che, rispetto ad una volta, è cresciuta una generazione molto più consapevole della mia. Che saprà difendervi meglio. Sono quelli ai quali è affidato il vero risanamento. Devi esserne certo: non dicevi pure tu che confidi solo nei giovani?»- 

Tacqui, ma avevo stampato in faccia una domanda: “E adesso, cos’altro mi dice questo divino inquisitore?”

Invece, si alzò dal divano e mi guardò con il viso sorridente, come se si fosse di colpo rasserenato. Fece un lungo sospiro, e disse: 

-«Quanto tempo è passato da quella finestra sul fiume, eh?! Quanti ricordi! Ora basta! Ti ho stuzzicato abbastanza. Non te la prendere. Hai fatto del tuo meglio per spiegare la tua realtà, tanto che mi sembra ingiusto inveire ancora. E poi, noi siamo amici, vero? Debbo darti atto che avevo sottovalutato le vostre lunghe battaglie – anzi, le lotte, come dici tu – per la difesa dell’ambiente; ignoravo le “speculazioni”, il profitto, e i rischi che affrontate. 

…È vero! Non conoscendo bene il vostro modo d’essere, ho considerato le cose solo dal mio punto di vista. Che poi, per la verità, mi sembra alquanto naturale. Ma non è facile capire l’animo umano. Lassù me lo avevano detto che siete complicati e litigiosi! Addirittura più di noi! 

Le preoccupazioni, perciò, permangono: lo stato di salute della Terra è molto precario. Ed io mi chiedo: per quanto tempo continuerò a stare male? Ce la farò? E voi, come farete a vivere così? È proprio vero: l’equilibrio di una volta è saltato! 

Mi dispiace molto per il tuo povero e smarrito paese. Ero venuto con altre aspettative: miravo ad una assicurazione di un cambiamento veloce. Invece sono costretto a prendere atto dei vostri problemi, del vostro impegno di lotta, e dei vostri tempi incerti e lunghi. È come dire che i guai non finiscono mai. Né per me, né per voi. 

Magari si riuscisse a guardare il mondo con gli occhi dei bambini! Sarebbe la salvezza di tutto»- 

Si fermò, improvvisamente attratto dal quadro di Mirò, appeso alla parete, quello del “Bambino col pallone”. Non lo aveva ancora notato. Scosse la testa, mi guardò e accennò ad un sorriso d’intesa. 

-«Ora la mia visita finisce qui – disse con il viso rattristato. Ancora una volta, vi raccomando di fare presto! Questa paura di morire che mi porto dentro, è dovuta al vostro maltrattamento, costante nel tempo… Mentre il mio corpo, vedi? continua ad aggravarsi. Eppure, chissà perché, non ho mai sentito tanto forte la voglia di vivere tra queste sponde… Sapessi quanto amo 

questo paese!»- 

Per un attimo gli si velò la voce… A me, gli occhi. Tossì un paio di volte. Poi continuò. 

-«Fate presto, altrimenti di me non resterà alcuna sorta di eredità! Forse nemmeno gli amici si ricorderanno più di me! Siamo dei, noi, non esseri umani! Siamo utili, produttivi, panoramici, storici… ma non artefici del nostro destino. Che sta in mano a voi. Anzi: ai giovani… Speriamo… Speriamo in loro! 

Ma la vostra generazione, dei dell’Olimpo!…»- 

“Nessun dorma!… Nessun dorma!… 

-“Dove sei? dio Volturno, dove sei? Non ti vedo più… Io non dimentico!… Dove sei?” dissi guardandomi intorno. 

“Ma il mio mistero è chiuso in me”… 

Mario… il telefonino… la sveglia!»- disse mia moglie. 

Mi stropicciai gli occhi… 

“…Vincerò… Vinceeeeròooo!…”. 

Era passata una insolita notte, e cominciava un altro giorno, uguale agli altri. 

Che confusione nella testa! 

-«Apro la finestra – dissi – così mi rinfresco le idee… Che strana notte! Il fiume, la globalizzazione, la delegazione del dio Volturno… Cerere, Pan, Nettuno, Elios, Eolo… Chi altro? Boh?! 

Un poco d’aria fresca è quello che ci vuole…» 

-«No! No! – gridò mia moglie – Entra la puzza dell’immondizia…»

elianariva