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MADDALONI- La prima seduta di insediamento del Consiglio Comunale si terrà nel Villaggio dei Ragazzi. E per la precisione nella sala Chollet. Sembra proprio che il sindaco Andrea De Filippo abbia deciso. E il primo atto del nuovo civico consesso, la prima assemblea che dopo tre anni difficili ha i numeri e la piena legittimità democratica, debba avvenire nel luogo dove massimamente è stata eclissata, cancellata e taciuta l’autorità, il primato e il ruolo del sindaco della città di Maddaloni a partire dal 2001 al 2015. Valutazioni politiche, storiche e simboliche si sprecano. Ma una su tutte va sottolineata: il nuovo sindaco si insedia e giura fedeltà alla Costituzione assumendo quella carica a cui, secondo le disposizioni testamentarie del fondatore don Salvatore D’Angelo, è attribuita la funzione di continuatore dell’opera nella buona e nella cattiva sorte anche nello scomodo ed estremo ruolo di colui che potrebbe essere chiamato a liquidare l’opera in casi di irrimediabile insolvenza. E Andrea De Filippo sembra proprio che non voglia sottrarsi a questo atto sostanziale ma altamente simbolico. Una funzione istituzionale e un compito, chiesto dal fondatore e dovuto alla città, che travalica di gran lunga le tante anzi troppe strategie di piccolo cabotaggio politico che hanno retrocesso, negli ultimi anni, il Villaggio a conventicola da dopo lavoro o a luogo di cimento per effimeri vantaggi o fatue visibilità in chiave elettorale. Se negli ultimi mesi abbiamo ascoltato lo slogan “Maddaloni ai maddalonesi” sembra riecheggiare anche quello il “Villaggio ai maddalonesi”. Già perché oltre a don Salvatore, alle sue inequivocabili volontà testamentarie, sarebbe troppo lungo elencare le risorse umane, morali e finanziarie che la città ha profuso senza soluzione di continuità per sostenere il Villaggio che numeri alla mano è sangue del sangue dei maddalonesi. Per farla breve, non è il Villaggio che ospita la città e quindi il suo sindaco. Ma è la città che ospita il Villaggio e gli dà linfa vitale, identità e storia. Osiamo pensare che anche don Salvatore sarebbe contento. Servono poche parole e molti fatti. Come direbbero i forbiti: “Intelligenti pauca”.

bocchetti